* - Relazione letta al Convegno di Studi su: "Le istituzioni nel Mezzogiorno e l'opera di Francesco Ricciardi", tenuto a Foggia il 15 aprile 1993. Sullo stesso tema saranno pubblicate, in seguito, le relazioni del dott. Antonio Vitulli e del prof. Saverio Russo.

1 - Per una ricostruzione dettagliata degli avvenimenti, insieme con una discussione delle tesi all'epoca prevalenti in proposito, non modificate sostanzialmente a tutt'oggi dall'ed. Ascione degli Avvertimenti ai nipoti, mi permetto di rimandare essenzialmente al mio vecchio articolo Le insorgenze di massa nell'Abruzzo in età moderna in "Storia e politica" ,Milano, 1980, V, pp. 557-642 e, 1981, I, pp. 1-46 qui IV, 612-633 il cui contenuto è ripreso ne L'amabile fierezza di Francesco d'Andrea - Il Seicento napoletano nel carteggio con Gian Andrea Doria, Milano, 1981, pp. 95-113 e, più stringatamente, in Storia del Mezzogiorno diretta da G. Galasso e R. Romeo, VI, Napoli, 1988, pp. 115-121.

2 - B. Croce, La vita di un rivoluzionario Carlo Lauberg in Vite di avventura di fede e di passione, Bari, 1953, pp. 365 ss. per la venuta a Chieti del venticinquenne scolopio di origine vallone e per i suoi rarissimi scritti, personalmente posseduti dal Croce, ed editi prima del ritorno a Napoli a fine 1788, Analisi chimico fisica sulle proprietà de' quattro principali agenti della natura seguita da un saggio sulle principali funzioni degli esseri organizzati e Riflessioni sulle operazioni dell'umano intendimento entrambi con dedica al ministro Acton, all'epoca all'apice della sua autorità.

3 - Nella relazione 25 marzo 1792 in G.M. Galanti, Della descrizione geografica e politica delle Sicilie, a cura di Franca Assante e Domenico Demarco, Napoli, 1969, pp. 479-512 passim.

4 - Mentre scrivo (primavera 1992) è in corso l'edizione dei carteggi letterari e filosofici di De Sterlich col Lami e col Bianchi, nonché con minori corrispondenti, a cura di Umberto Russo e dei suoi collaboratori, a cui io affiancherò l'esame, d'indole più specificamente proprietaria ed antropologica, intesi i termini con tutte le virgolettature possibili, di un altro carteggio scoperto solo di recente, quello col cugino aquilano marchese Gaspare da Torres. Ma il problema degli Scolopi andrebbe impostato ed indagato su moduli assai diversi.

5 - G. Bono, Le ultime intestazioni feudali nei Cedolari degli Abruzzi, Napoli, 1991, p. 33.

6 - Si veda in merito la classica ed interessante trattazione, sottilmente polemica in senso anti aristocratico tanto da costargli la vita, in seguito anche alla successiva asperrima schermaglia con Niccolò Toppi (anche per questo, forse, i Nicolini di Tollo, dei quali stiamo per fare menzione, avrebbero tanto tenuto alla loro discendenza da lui), di G. Nicolino, De auctoritate Camerarii Regiae Civitatis Theatinae, Ascoli Piceno, 1639.

7 - Sulla vicenda, che andrebbe ripensata e riconsiderata alla luce di quanto ci ha fatto conoscere A. Placanica Galanti e la Calabria saggio introduttivo all'edizione critica di G.M. Galanti, Giornale di viaggio in Calabria (1792), Napoli, 1981, si vedano per il momento le puntualizzazioni tematiche e cronologiche di G. De Lucia, Le società economiche abruzzesi 1788-1845 già apparso in "Abruzzo", Pescara, 1967 e che ora si può rileggere in Abruzzo borbonico - Cultura, società, economia tra Sette e Ottocento, Vasto, 1984, pp. 105-140, qui pp. 108-111.

8 - Si vedano fin d'ora di lui, per quanto attualmente ci concerne, e perché profondamente connesse con l'atmosfera culturale che viene tratteggiata nel testo, Notizie biografiche che riguardano gli uomini illustri della città di Chieti e domiciliati in essa, Napoli, 1830, con relativa appendice edita a Chieti nel 1834, da vedere alle pp. 36-38, 56-57 e 101-105 per le biografie rispettivamente di Antonio Nolli, Tommaso Durini, Vincenzo e Giuseppe Ravizza.

9 - I Durini richiamano ben più prestigiosamente dei Nolli all'ambiente milanese e lombardo, donde in effetti provenivano quali grossi mercanti all'Aquila ed a Chieti già nel primo Seicento, il fondaco suggellato dal feudo a danno degli aquilani Branconio, ed in una localizzazione che non va ambientalmente sottovalutata, al pari di quella di Tollo, quest'ultima al centro della migliore zona vinicola abruzzese facente capo ad Ortona, Bolognano, alle falde della Maiella a controllo del passaggio del Pescara a S. Clemente a Casauria.

10 - Lo ricorda egli stesso, e ne riassume il contenuto, in P. Liberatore, Pensieri civili economici sul miglioramento della provincia di Chieti umiliati al regal trono, II, Napoli, 1806, 8-11, l'opera di fondamentale importanza su cui avremo modo di tornare con ampiezza, e nella quale si fa parola sia del sostanziale fallimento, perché sottoposte a Napoli, delle scuole normali d'agricoltura istituite nella circostanza, sia della presentazione nel 1791 di una seconda memoria sul commercio, che anch'essa viene sintetizzata dall'autore. Si ricordi che nel 1788 al Nolli si affiancavano nella società patriottica Francesco Valignani, che s'intitolava duca d'Alanno quale erede della defunta consorte Anna Leognani Ferramosca (in realtà il feudo sarebbe andato alla loro figlia Giovanna, e per essa al di lei marito Michele Bassi, nipote di Francesco Saverio arcivescovo di Chieti fino alla morte nel 1821, più tardi primo sindaco di Chieti ed intendente all'Aquila ed a Capua) ed una dozzina di altri soci, sulla base di un sussidio regio di 250 ducati annui. La menzione del Bassi, infine, già generale dei Celestini, ed il cui trentennale duttile ed articolato governo episcopale meriterebbe uno studio specifico, ci richiama ad un suo confratello, Francesco Saverio Durini, fratello di Tommaso, anch'egli allievo degli Scolopi, più tardi vescovo dei Marsi e di Aversa, un ambiente, quello tardosettecentesco dei Celestini, che non andrebbe perso di vista, sia per i suoi contatti con De Sterlich (Gutierrez, Ciavarella) sia soprattutto per l'eredità del Galiani senior, il soggiorno teatino del cui fratello Matteo, com'è fin troppo noto, aveva occasionato la nascita abruzzese di Ferdinando.

11 - Appartiene alla famiglia il sacerdote Cesare, a lungo segretario perpetuo della Società Economica di Abruzzo Citra, del quale dovremo far parola tra breve.

12 - Vedilo in N. Nicolini, La musa di famiglia memorie domestiche, Napoli, 1849, p. 9.

13 - Nato nel 1766, un anno prima di De Thomasis, di cui stiamo appunto per far parola nel testo, ad Ortona dei Marsi, nella valle del Giovenco, e perciò nella contea di Celano, all'epoca feudo dei romani Sforza Cesarini (un legame, questo con Roma, che si riproporrà per un altro dei nostri protagonisti, Pasquale Borrelli, ponendo un problema plurisecolare, e non soltanto culturale, che andrebbe affrontato organicamente) il Petroni era stato subito chiamato nell'agosto 1806 come segretario generale del primo intendente Pietro De Sterlich, figlio di Romualdo, a Teramo, dove aveva rappresentato, con i successivi intendenti francesi, una continuità "nazionale" napoletana sulla quale torneremo più avanti, ancora con le parole suggestive di Nicolini, fino al 1812, allorché era stato traslocato in Terra di Lavoro, prima come sottointendente a Piedimonte e poi ancora quale segretario generale a Capua, dove aveva incontrato come intendente il Bassi duca d'Alanno di cui appena si è fatta menzione, proveniente dall'Aquila. Incaricato in Terra di Lavoro della divisione dei demani del Matese, in un chiaroscuro tutto da precisare con Biase Zurlo, che curava il versante molisano del massiccio, Petroni era passato nel 1814 in Calabria Ultra come intendente al posto del vecchio amico De Thomasis, ed aveva provveduto al delicatissimo compito di dividere l'ampia provincia nelle due ripartizioni i cui capoluoghi venivano fissati a Catanzaro, nuovamente al posto di Monteleone, ed a Reggio. Mantenuto, anche qui sintomaticamente, in servizio dall'amministrazione borbonica sino al fatale, e per tanti versi discriminante 1821, Petroni era stato intendente di Basilicata e di Abruzzo Ultra Primo (Teramo) salvo essere richiamato da Ferdinando II, nel 1831, all'intendenza di Chieti, dove appunto Nicolini lo aveva incontrato nell'assumere la carica di presidente di quel consiglio generale. Le parole che riportiamo o riassumiamo nel testo sono infatti tratte dal N. Nicolini, Discorso pronunciato all'apertura del consiglio generale della provincia di Chieti nel dì 1° maggio 1835 in risposta al discorso dell'intendente Francesco Saverio Petroni, Napoli, 1835, e più precisamente dall'appendice contenente la biografia del Petroni, scomparso settuagenario di lì a qualche mese, biografia che sarebbe stata ripresa ed ampliata da Nicolini in "Giornale abruzzese di scienze, lettere ed arti", Napoli, l'intelligente iniziativa di Pasquale de Virgiliis di cui torneremo a far parola a suo tempo, nel fascicolo gennaio-giugno 1838, pp. 166-183, donde felicemente cita (e citeremo anche noi, qui di seguito) G. De Lucia, La cultura abruzzese nel periodo borbonico già in "Abruzzo", Pescara, 1968 ora in Abruzzo borbonico cit. pp. 23-42 qui pp. 26-27.

14 - La vicenda degli abusi feudali, come è noto, occupa buona parte della monografia dedicata a Montenerodomo in appendice a B. Croce, Storia del regno di Napoli, Bari, 1953, pp. 317-356 sulla base di uno scritto specifico del Nostro, che era stato segnalato da E. Grilli, Giuseppe De Thomasis la vita e le opere in "Rivista politica e letteraria" Roma, maggio 1900 estratto di pp. 36 e pubblicato da Croce col titolo Sulla terra di Montenerodomo in Abruzzo in "Atti dell'Accademia Pontaniana", XLIX, 1919 (particolarmente a De Thomasis sono dedicate le pp. 315-320 della Storia ecc. nell'edizione 1925, che ho sott'occhio, e sulla quale torneremo). Egidio Grilli, la cui pluridecennale devozione a De Thomasis è restata purtroppo senza esiti apprezzabili, prima delle irreparabili distruzioni cagionate dalla seconda guerra mondiale (si ricordi comunque di lui, ad indispensabile integrazione del lavoro precedente, Giuseppe De Thomasis in Atti e memorie, II, del Congresso storico abruzzese- molisano, Casalbordino, 1935, pp. 577-603) ricorda un incontro napoletano del Nostro nel 1783, e quindi a sedici anni, con Ferdinando Galiani, che ha suggestionato R. Feola, Dall'illuminismo alla Restaurazione - Donato Tommasi e la legislazione delle Sicilie, Napoli, 1977, p. 251 fino a definire De Thomasis "attento discepolo" dell'abate, ma sul quale né egli né lo scrivente saprebbero dire di più.

15 - N. Nicolini, La musa di famiglia, cit. pp. 10 e 23.

16 - Ibidem p. 26, e più avanti a p. 7 degli schiarimenti biografici posti in appendice, per il suo esordio estemporaneo alla reggia, il 7 luglio 1797, di ritorno da Foggia, dove Maria Carolina, alla quale il Nostro era stato presentato da Giuseppe Saverio Poli, il famoso scienziato molfettese, lo aveva chiamato ad improvvisare dinanzi all'arciduchessa Maria Clementina, durante il soggiorno della Corte in quella città per le nozze dell'erede al trono.

17 - P. Borrelli, Principi di zoaritmia scoverti da Pasquale Borrelli e preceduti da un ragionamento istorico su la moderna medicina matematica, Napoli, 1807, pp. 12-13 (l'accenno allo scolopio Aquila come erede della "sapienza" di Lauberg è nella biografia che del Borrelli sarebbe stata tracciata dal citato Cesare de Horatiis in "Giornale abruzzese di scienze, lettere ed arti", Napoli, gennaio-giugno 1840, pp. 106-112).

18 - C. Della Penna, Aspetti della vita sociale ed economica dell'Abruzzo marittimo nella statistica murattiana, Chieti, 1990, che arricchisce con opportuna documentazione le parafrasi delle relazioni di Giovanni Thaulero e Paolo Aquila. Ne risulta che quest'ultimo espletò il suo compito fra l'ottobre 1811 ed il giugno 1813, con un'attenzione ai salari agricoli, al disboscamento, alla situazione sanitaria e così via, che farebbe pensare ad una qualche forma di collegamento con i precedenti Pensieri del Liberatore, sui quali ci soffermeremo tra breve.

19 - La "statistica" del regno di Napoli nel 1811 a cura di Domenico Demarco, Roma, 1988, p. LXXII. Aquila era venuto a Chieti appena ventiseienne, nel 1795, e vi si sarebbe trattenuto fino alla morte, quarant'anni più tardi (il nome non figura negli accuratissimi elenchi di T. Pedio, Dizionario dei patrioti lucani, vol. V, Bari, 1991, dove vi sono bensì i Dall'Aquila, ma sono di Calvello). È da ricordare che Aquila sarebbe stato a più riprese presidente della Società Economica, e che il primo suo cenno biografico ed elenco degli scritti sono in G. Travaglini, Religione e storia, Pescara, 1932, pp. 230-231, senza peraltro che si riesca a seguire bene il nesso fra il retroterra schiettamente matematico, e perciò scientifico e filosofico, delineato da Borrelli, e la successiva attività compilativa, informativa e riformistica in senso lato.

20 - Memoria storica sulla condotta politica di Pasquale Borrelli in Società Napoletana di Storia Patria, ms. XXX A 9 cc. 118-127 dove si fa cenno anche della liberazione a furor di popolo che lo scrittore aveva ottenuto nel '99 a Sanseverino dinanzi alle masse di Barrella che lo avevano arrestato.

21 - N. Nicolini, La musa di famiglia cit. pp. 28 e 30, sonetti datati, rispettivamente, Vacri 10 maggio e Chieti 30 ottobre 1801.

22 - L. Coppa Zuccari, L'invasione francese negli Abruzzi 1798-1810, II, Aquila, 1928, 749, doc. CDLXXXV annotazioni alla cronaca del Tullj.

23 - P. Borrelli, Principia cit., pp. VIII-IX.

24 - P. Borrelli, Elogio dedicato alla memoria del cavaliere Paolo Nicola Giampaolo dal suo successore nella Reale Accademia delle Scienze di Napoli Pasquale Borrelli e letto nella seconda tornata del novembre 1832 (cito dalla seconda edizione riveduta e corretta, Napoli, 1836, pp. 10, 16, 23, 26).

25 - Leggiamo sempre il testo del "Giornale abruzzese di scienze lettere e arti", Napoli, gennaio-giugno 1838, p. 171.

26 - Ibidem gennaio-giugno 1840 pp. 21-27 intervento 4 febbraio 1840 del Borrelli all'Accademia delle Scienze intorno alle considerazioni del marchese di Pietracatella sulle opere pubbliche delle Due Sicilie.

27 - P. Borrelli, Su' principali restauratori della civiltà italiana discorsi dedicati al settimo congresso degli scienziati italiani, Mendrisio, Lampati, 1845, soprattutto pp. 64 e 68.

27 bis - Nel frattempo Nolli era stato nominato per brevissimo tempo preside di Teramo, di cui in seguito avrebbe rifiutato di diventare intendente, lasciando l'ufficio al suo antico e più giovane amico e concittadino Pietro De Sterlich figlio del marchese Romualdo (G. Civile, Appunti per una ricerca sull'amministrazione civile delle provincie napoletane in "Quaderni storici: Notabili e funzionari nell'Italia napoleonica", Bologna, gennaio-aprile 1978, p. 235).

28 - A. De Martino, Antico regime e rivoluzione nel regno di Napoli crisi e trasformazione dell'ordinamento giuridico, Napoli, 1972, p. 139 fissa al 10 novembre 1806 la data della nomina ma parla di presidenza, mentre la testimonianza di Borrelli avvalora il cenno biografico di R. Aurini, Dizionario bibliografico della gente d'Abruzzo, III, Teramo, 1952 e ss., 129-136 che fissa a Matera la sede del tribunale.

29 - I Principi di zoaritmia non sono altro che un'applicazione più o meno adattata della teoria dell'eccitabilità di Brown alla filosofia di Condillac. Notevole, benché canonica, a p. 20, l'evocazione di Genovesi "il distruttore della barbarie patria" che sembra confermare Borrelli nella linea moderata caratteristica di Nicolini, mentre Liberatore avrebbe aderito più animosamente a certi "estremismi" di Filangieri, come meglio vedremo nel testo, e qui di seguito in nota.

30 - In questo senso è da leggersi P. Liberatore, Filangieri vindicato dalle ingiurie di M. Lerminier in "Filologia abruzzese", Napoli, giugno-agosto 1836, pp. 23-28 e 78-89 (è il primo fascicolo di quello che in seguito sarebbe stato il "Giornale", Napoli, di De Virgiliis, e l'intervento di Liberatore riproduce una memoria letta alla Pontaniana). Nel contestare le tendenziose interpretazioni dello scrittore francese, e prima di lui, naturalmente, di Constant, il Nostro si preoccupa, rifacendosi significativamente al classico parallelo con Beccaria ed all'elogio 1788 di Donato Tommasi, di collocare Filangieri su una linea che risale a Vico, ma che inserisce anche quest'ultimo in una tradizione scaturita da Bruno e da Campanella, anticipatrice di Montesquieu nello studiare il diritto "colla fiaccola della storia" secondo quanto suggerito dall'Aulisio fino a Giuseppe Pasquale Cirillo ed appunto a Filangieri, che perciò precede anche Savigny e si apparenta degnamente a Muratori nel rifiutare le aberrazioni del diritto romano. "Un dritto tutto nuovo conclude Liberatore, quasi condensando all'ombra di Filangieri quella che potrebbe chiamarsi la filosofia del 1806 proclamò egli che fosse necessario, profittando delle lezioni de' nostri padri in ciò che fosse conveniente allo stato delle nazioni allontanandosi egualmente dalla servile pedanteria di coloro che niente vogliono mutare e dall'arrogante stranezza di coloro che vorrebbero tutto distruggere".

31 - È questo, s'intende, un ormai consolidato luogo comune, su cui vedremo tornare con eloquenza, ed in occasione solenne, il Nicolini.

32 - P. Liberatore, Introduzione allo studio della legislazione del regno delle Due Sicilie, Napoli, 1832, pp. 32-33.

33 - Nel 1806, infatti, Liberatore prevedeva Chieti quale sede della gran corte civile, e perciò capoluogo giudiziario dell'intero Abruzzo. Queste sue proposte, d'altronde, non temperavano l'assidua polemica, che si direbbe di eredità galantiana, e che, ancora una volta, non si sarebbe trovata mai in Nicolini, contro la "turba immensa di legali cavillosi", un'espressione di Cose patrie in "Giornale abruzzese di scienze lettere ed arti", Napoli, luglio 1838, pp. 3-15 dove si deplora anche l'abbandono della strada Frentana per Palena a Roccaraso, sulla quale, come vedremo, tre anni prima si era intrattenuto Nicolini. Già nei Pensieri, peraltro, è plasticamente, e qui si direbbe sulla traccia di Genovesi, vivissima la polemica contro il pagliettismo, e più latamente lo pseudo culturalismo improduttivo, allorché si parla di Agnone e del suo "splendore non atteso" in mezzo ad una natura straordinariamente ingrata per difficoltà di comunicazioni, l'arte del rame donde scaturisce "il denaro, e seco tutt'i comodi della vita" salvo peraltro "quei bravi artefici" cominciare a trascurarla "e, vedendo la gran considerazione del passato governo per gli oziosi (sic!), sono in procinto di passare alla classe de' medesimi, col procurare a' figli le lauree, e far consumare il frutto de' loro sudori nella capitale": e poco prima aveva scritto incisivamente, mostrando di aver già assimilato a dovere il vichismo di Filangieri: "Non più la filosofia e la storia sono le basi della scienza legale".

34 - Ho citato e riassunto dai Pensieri civili economici sul miglioramento della provincia di Chieti umiliati al regal trono, Napoli, 1806 soprattutto I, 1-3, 16-27 passim, 31-32, 51, 60-77 passim, 85 ss., 92, 116-125 passim e II, 4, 38-39.

35 - Se ne rende interprete ancora in "Giornale abruzzese di sciente lettere ed arti", Napoli, aprile 1840 pp. 41-47 il ben noto sacerdote liberale ed educatore sulmonese Leopoldo Dorrucci, in un profilo biografico di Liberatore che ricorda il suo cancellierato, nel 1798, alla doganella di Abruzzo Citra, da lui così acremente stigmatizzata nei Pensieri, dove avrebbe avuto modo di conoscere Pasquale Borrelli.

36 - A queste vicende, senza che qui sia possibile, s'intende, approfondire né tanto meno documentare l'argomento, accenna la citata Memoria con lo specificare che Borrelli avrebbe combatutto lo spionaggio, eliminato il delitto di Stato ed i provocatori e macchinatori di cospirazioni politiche, con la conseguente frequenza di condanne a morte più o meno arbitrarie. La repressione del contrabbando, l'istituzione di un consiglio medico e la sistemazione igienica delle carceri sono altre benemerenze rivendicate in Bibliografia di Pasquale Borrelli, Koblentz, 1840, pp. 6-7, mentre F. Nicolini, Nicola Nicolini e gli studi giuridici nella prima metà del secolo XIX, Napoli, 1907, p. XXXVIII accenna all'inflessibilità di Pietro Colletta e di altri magistrati militari nei cui confronti Nicolini aveva dovuto competere in un'atmosfera di tensione analoga a quella di Borrelli, tensione che viene ampiamente ridimensionata in A. De Martino, Antico regime cit. p. 134.

37 - L'Elogio, stampato in opuscolo nello stesso 1835 presso la stamperia dell'Aquila, è oggi riprodotto, privo di note, in A. Ricciardi, Memoria sugli avvenimenti di Napoli nell'anno 1799 edizione critica a cura di R. Lalli, Campobasso, s.d., pp. 111-120. È il caso di ricordare che il Ricciardi, molisano di Trivento, di ricchissima famiglia originaria dell'altra sponda, quella abruzzese, del Trigno, era uno dei tanti magistrati richiamati in ufficio da Ferdinando II dopo un decennio di decadenza a seguito dell'elezione a deputato nel 1820, che faceva seguito alla nomina a procuratore generale presso la gran corte civile di Napoli nel 1808 (il Ricciardi si era ritirato a Torino, e già lì era entrato autorevolmente nella magistratura subalpina), a consigliere di Cassazione nel maggio 1812, presidente nella gran corte civile appena trasferita all'Aquila nel giugno 1817, intervallati questi ultimi uffici dalla presidenza del consiglio generale di Molise. La citazione del testo è a p. 10 dell'opuscolo.

38 - Facciamo sempre, e conclusivamente, capo a "Giornale abruzzese di scienze lettere ed arti", Napoli, gennaio-giugno 1838, p. 174, lo stesso fascicolo, si noti, nel quale, alle pp. 115-123, era apparsa una prima Bibliografia di Giuseppe De Thomasis a firma P.C. (Pasquale Castagna) contenente il famoso aneddoto dell'inginocchiamento reciproco a cui il Nostro avrebbe costretto un postulante calabrese, poi ripreso dal Croce e divenuto pressoché emblematico della gravitas del De Thomasis.

39 - Si tratta, l'abbiamo visto, di Teramo, dove Petroni era stato segretario generale dal 1806 al 1812.

40 - R. Feola, Dall'illuminismo cit. p. 251 reputa De Thomasis "uno dei fautori della riforma del contenzioso amministrativo e in perfetta sintonia con l'opera riformatrice del ministro della Giustizia (scil. Donato Tommasi) in questo campo" ma in realtà non riesce ad andare oltre Grilli (pp. 217 e 251) a parte alcune importanti precisazioni che si vedranno più avanti. È Grilli, infatti, che ci informa della corrispondenza con Murat durante la permanenza a Monteleone e delle dimissioni respinte dal sovrano nel febbraio-marzo 1809, prima cioè del ritorno in Abruzzo, nell'ottobre dello stesso anno, sul quale ci soffermeremo più avanti, sempre peraltro sulla traccia esclusiva del benemerito Grilli, che è altresì la fonte di ciò che si dice nel testo.

41 - Vedilo in N. Nicolini, La musa di famiglia cit. p. 32.

42 - Lo leggiamo nella seconda edizione, Napoli, 1840.

43 - Anche qui si ha la sensazione che Nicolini non intenda conferire il dovuto rilievo ad un risultato capitalissimo come questo.

44 - Mezzo secolo più tardi, nell'ultimo suo scritto, che esamineremo tra breve, il vecchio Nicolini avrebbe rinnegato anche quest'altra caratteristica affermazione delle lumières.

45 - P.S. Mancini, Della vita e delle opere di Pasquale Liberatore, Napoli, 1842 (è una lettura tenuta alla "Pontaniana" l'11 settembre, a pochi giorni dalla scomparsa del vecchio maestro lancianese, avvenuta a Gragnano il 21 agosto: Mancini, prima di riassumere e valutare il Saggio, come vedremo più avanti, e di esporre ottimamente i presupposti ed i risultati del quindicennio d'insegnamento privato 1821-1837 del Liberatore, aveva esattamente ritenuto che egli nei Pensieri ragionasse "de' bisogni dell'agricoltura, delle arti e del commercio non, come purtroppo si suole anche oggi, in termini vaghi e generali, ma in modo concreto e positivo"). Sull'argomento si veda ultimamente G. Oldrini, La missione filosofica del diritto nella Napoli del giovane Mancini in Pasquale Stanislao Mancini: l'uomo, lo studioso, il politico, introduzione di Giovanni Spadolini, Napoli, 1991, p. 402.

46 - N. Nicolini, Instruzione per gli atti giudiziari di competenza dei giudici di pace, Napoli, 1812, pp. 229-231 (vi torneremo più avanti).

47 - Su questo aspetto constateremo il diverso avviso di Nicolini, anche se non indirizzato specificamente contro Ricciardi.

48 - A. Valente, Gioacchino Murat e l'Italia meridionale, Torino, 1976 (edizioni precedenti 1941 e 1965), pp. 70-72 e 196-197.

49 - N. Nicolini, Le notizie sulla vita di Francesco Ricciardi in Società Napoletana di Storia Patria, ms. XXX A 9 cc. 114-117 (subito prima la citata Memoria del Borrelli) sono anonime ma autografe di Nicolini, secondo quanto Fausto Nicolini persuasivamente afferma in Nicola Nicolini cit., p. XLII.

50 - Nicolini era tornato a Napoli nel novembre 1801 e, almeno in pubblico, aveva abbandonato una volta per sempre la cetra del poeta in pro della toga dell'avvocato.

51 - Apparso primamente sull'Omnibus, Napoli, 22 dicembre 1842, fu raccolto subito dopo in opuscolo dal Porcelli, e va letto istruttivamente, s'intende, col discorso pronunziato tre mesi prima da Mancini in morte di Pasquale Liberatore, in una dialettica interpretativa che fa riflettere. Ricciardi, com'è noto, era morto il 17 dicembre.

52 - Questo era diventato per la verità una specie di luogo comune a proposito di Francesco Ricciardi. Tessendo infatti un Elogio del conte Giuseppe Zurlo, Napoli, 1832 (il discorso era stato pronunziato il 17 gennaio nell'Accademia delle Scienze presieduta da Ricciardi, e commemorava con sintomatico ritardo Zurlo, morto nel novembre 1828) Gaspare Capone aveva retto il portafoglio della Giustizia "che poscia passò a chi per lungo tempo il resse in modo da non lasciare ad alcuno di saper immaginare il meglio".

53 - La conclusione del discorso (di cui ci si tiene a notare che era stato pronunziato dinanzi ad un'adunanza "delle più solenni che abbiano mai avuto luogo", e cioè la Società Reale a classi riunite ed una folla d'invitati e d'intervenuti) è anch'essa assai deludente, nel topos del grand'uomo fine a sé stesso: "Fu in certa guisa il confluente delle celebrità viaggiatrici. Così niuna ve n'ebbe alla quale non paresse di aver poco veduto in questo nostro paese, se non avesse veduto il conte di Camaldoli" (le citazioni alle pp. 4 e 6).

54 - N. Nicolini, La musa di famiglia cit., p. 33.

55 - N. Nicolini, Discorso dell'avvocato generale Nicola Nicolini pronunziato all'udienza della Corte di Cassazione nel dì 2 giugno 1812 ristampato con note relative alla giurisprudenza e alle leggi posteriori, Napoli, 1835 (le citazioni del testo sono alle pp. 6-9, 14-15, 19, 21, 28, 42).

56 - R. Feola, Dall'illuminismo cit., p. 283.

57 - F. Nicolini, Nicola Nicolini cit., p. XLVI con ampie citazioni.

58 - Ancora una volta si ha l'invincibile sensazione che Nicolini pretenda di poter sottovalutare un risultato fondamentale come questo.

59 - Che vi potesse essere in merito un eccesso sarebbe parso probabilmente inconcepibile a Pasquale Liberatore. Si veda con quanta appassionata convinzione disserti Della pubblica discussione ne' giudizi penali con Giuseppe Devincenzi in "Filologia abruzzese", Roma, settembre-dicembre 1836 pp. 15-21 allorché si parlava di farla rimanere soltanto per i misfatti capitali, suscettibili di condanna a morte o all'ergastolo: "Non è il riguardo alla pena che deve farci desiderare la pubblica discussione, ma il riguardo alla verità de' giudizi; che difficilmente può trovarsi senza questo validissimo aiuto; e, tolta la verità suddetta, ogni pena, per minima che sia, è capitale, perché ingiusta, ogni giudice un carnefice, se non della vita almeno dell'onore e della libertà d'un condannato, ogni società odiosa, perché mancante al suo fine di assicurare la pubblica e privata tranquillità".

60 - Si ricordi che ancora nel discorso Dell'ufficio più proprio della Corte Suprema: ritirare i giudizi verso i principi pronunziato il 7 gennaio 1835 (vedilo in N. Nicolini, Discorsi di Nicola Nicolini pronunziati in adunanze solenni, Napoli, s.d., p. 7) il Nostro avrebbe ribadito la derivazione di quel consesso dal Sacro Consiglio, i cui membri "ricchi di propria luce, prima ancor degli aiuti della seconda giurisprudenza francese si elevaron magnanimi a contemplar le occasioni, la ragione e la volontà vera della legge". In questa medesima raccolta non si trascuri De' resti di sangue commessi per effetto di un pregiudizio con cui, il 27 novembre 1833, Nicolini fa respingere dalla Corte Suprema il ricorso per un omicidio per fattura verificatosi a Barile in Basilicata, mostrando con ciò maggior rigore rispetto a quel che abbiamo letto più sopra in Ricciardi, ed anche nei confronti della bella sensibilità antropologica che egli stesso avrebbe mostrato nel brano che stiamo per leggere nel testo: "Gli errori della mente afferma qui invece Nicolini non scusano mai un reato quando nascono da folli e risibili pregiudizi".

61 - Filangieri, è appena il caso di dirlo, costituiva con Gravina e Vico un "illustre triumvirato" alla cui ombra Nicolini si poneva nell'atto di aprire la cattedra di diritto penale, il 1° dicembre 1831 (si veda il discorso nella raccolta testè citata p. 21). In uno dei suoi corsi, nel 1833, egli avrebbe trattato Della discussione pubblica nei giudizi penali, ritenendola, riassume A. De Martino Antico regime cit., pp. 150 e 211, insieme con l'obbligo di motivare le sentenze sulla base delle leggi, "elementi fondamentali del nuovo tipo di processo penale", a proposito del quale, a giudizio dello studioso (che avrebbe potuto forse tenere opportunamente presente l'opinione analoga, e che abbiamo visto ancor più rigida, di Pasquale Liberatore) il Nicolini e il Poerio "dalla loro disposizione favorevole alle riforme murattiane avevano tratto motivo di elogi troppo spesso eccessivi".

62 - Si vedano ad esempio quella del 22 novembre 1809 già citata, quella del 24 novembre integrata il 20 dicembre 1809 intorno alla gendarmeria ed ai suoi rapporti con l'autorità giudiziaria in Terra di Lavoro dove Nicolini, lo sappiamo, era ancora procuratore generale presso la gran corte criminale, la circolare 24 luglio 1811 sulla facoltà di delegare, quelle 28 dicembre 1811 e 22 agosto 1812, alla vigilia della compilazione nicoliniana, ricche di direttive particolarmente interessanti, allorché Ricciardi reputa che i giudici di pace "nel più immediato contatto con le popolazioni possono avere molta influenza così nel male come nel bene delle famiglie" o li ammonisce con una tinta di moralismo non infrequente in lui (si veda anche la circolare 29 aprile 1812 sulle competenze): "Dai funzionari amministrativi voi dovete esigere più rettitudine che istruzione" (N. Nicolini, Instruzione cit., pp. 10-11, 33, 39, 43, 50).

63 - In quest'attività di avvocato troviamo spesso e vigorosamente ripresi i temi centrali della continuità che avevano contraddistinto l'opera dello studioso e quella del magistrato. Leggiamo ad esempio nelle allegazioni a stampa per le cause Fersini contro Macri e Villani, e De Nola contro Della Ratta-Bozzicorsi, discusse dinanzi alla Corte Suprema rispettivamente nel 1821 data dell'edizione presso De Bonis e p. 8 e 25 novembre 1823 p. 27: "Quando le leggi francesi si promulgaron fra noi, non cessammo d'esser napoletani. Niuna legge fondamentale di Francia fu nostra: il nostro diritto pubblico rimase l'istesso; e se qualche alterazione vi si produsse, esso fu tutto ripristinato nel 1815 La commissione feudale fu un tribunale nuovo, ma non tutti i suoi arresti furon pronunziati sull'appoggio delle leggi nuove".

64 - N. Nicolini, Istruzione cit., pp. 31, 82, 114, 213.

65 - Essa veniva completata con un terzo volume di formulari (in appendice i brani e le notizie del testo) e con un Supplimento che nel 1818 raccoglieva tutto il corso della posteriore legislazione sui giudici di pace per i tipi di Giovanni De Bonis.

66 - Nelle Notizie cit., Nicolini sottolinea la predilezione di Ricciardi per la corrispondenza con i rappresentanti del pubblico ministero, incaricati della vigilanza universale sulla pubblica amministrazione, e la sua estrema severità in proposito.

67 - R. Feola, Dall'illuminismo cit., p. 277.

68 - Lo afferma F. Fiorentino, Pasquale Borrelli in G. Gentile, Ritratti storici e saggi critici raccolti da Giovanni Gentile, Firenze, 1935, pp. 280-287 e già in "Giornale napoletano della domenica", Napoli, I, 10, 5 marzo 1882 e in Commemorazioni di giureconsulti napoletani: biografie. Napoli, 1882, pp. 1-17 nel centenario della nascita ed in occasione dello scoprimento del busto a Castel Capuano. Tutto il problema rilevantissimo dei rapporti di Borrelli con Delfico rientra nell'ambito dei suoi preminenti interessi filosofici, che in questa sede non ci interessano, e per una puntualizzazione bibliografica dei quali si veda G. Oldrini, L'Ottocento filosofico napoletano nella letteratura dell'ultimo decennio, Napoli, 1986, p. 51 n. (il Delfico, si ricordi, avrebbe fatto nominare, sempre secondo Fiorentino, il ventiquattrenne Borrelli, fin qui noto esclusivamente come medico, segretario della commissione feudale, donde un altro viluppo di problemi che andrebbe districato e chiarito).

69 - Sull'episodio rimane fondamentale A. Zazo, L'occupazione napoletana e austriaca e i primordi della Restaurazione in Benevento (1814-1816), Napoli, 1958.

70 - L'opera è presentata come epitome da servire da appendice a Jonas Daniel Meyer, Esprit, origine et progrès des istitutions judiciairés des principaux pays de l'Europe che, edito ad Amsterdam-L'Aja tra il 1819 e il 1823, Liberatore presentava tradotto al pubblico colto napoletano, nell'ambito di un imponente lavoro critico di legislazione comparata, la cui valutazione lasciamo agli specialisti, e che costituisce il maggior titolo di benemerenza culturale del Nostro, dalle osservazioni a Le leggi della procedura civile di Guillaume Louis Justin Carré, cominciate a pubblicare tradotte nel 1825 e completate nel 1831, a Claude Etienne Delvincourt, Corso di codice civile (1828-1832), a Jean-Baptiste Sirey, Codice di istruzione criminale annotato aggiuntovi il confronto del diritto romano e delle leggi di procedura penale delle Due Sicilie (1829), a Jean Domat, Le leggi civili nel loro ordine naturale (1839) fino al Corso di diritto civile secondo il codice francese di Alexandre Duranton, che, cominciato ad uscire nel 1841, sarebbe stato ultimato nel 1845, dopo la morte di Liberatore. Le citazioni sono tratte dalle pp. 71-72.

71 - R. Feola, Dall'illuminismo cit., p. 217 ricorda che, avendo De Thomasis, tornato alla corte dei Conti, fornito un parere radicalmente contrario a qualsiasi modifica legislativa in materia feudale, Donato Tommasi avrebbe affidato a lui, il 27 gennaio 1816, le attribuzioni già di Winspeare procuratore generale della commissione feudale.

72 - "Reso l'ultimo supplizio più frequente scrive Liberatore togliesi quel salutare ribrezzo che sempre si estenua colla reiterazione degli atti": ed aggiunge, con fine penetrazione politica: "Quante volte l'evento ha fatto comparir eroe un traditore, e viceversa?". Quanto invece all'ubriachezza, che la legislazione inglese esclude come attenuante nella sua ipocrita austerità (è un'osservazione di Bentham, che Liberatore fa propria, al pari di quella sua e di Beccaria circa l'infanticidio per onore, o di quella del non nominato Galanti quanto allo stupro, nel quale "la mancanza del consenso non indica sempre l'uso della forza") c'è da notare che Nicolini non è dell'opinione di Liberatore, e fa confermare una condanna per omicidio volontario, mentre invece è del tutto con lui circa i gradi della complicità e il tentativo, che vanno accuratamente differenziati, tanto che Nicolini avrebbe dedicato a quest'ultimo un'apposita trattazione (si vedano N. Nicolini, Discorsi cit., rispettivamente le cause 9 marzo 1835 e 8 marzo 1837).

73 - Ho citato e riassunto da P. Liberatore, Saggio cit., pp. 15-22 passim, 26, 34, 56, 76, 90-92, 114, 134, 142, 149, 153, 244-245 e 258. Si ricordi, sempre nello spirito rigoroso di legalità che accomunava così congenialmente Liberatore e Francesco Ricciardi, che a p. 217, pur ammettendo una procedura speciale solo a danno dei briganti e dei malfattori recidivi, il Nostro (che compie in merito un originale excursus storico, distinguendo correttamente il fuoruscitismo ed il banditismo della tradizione dal moderno termine criminalizzante francese) osserva che soltanto da pochi mesi, tra il maggio ed il luglio 1814, sono stati definiti briganti "coloro che scorrono armati in campagna ad oggetto di rovesciare il governo", ed allora occorre specificare ulteriormente che si tratta di assassini preparati mediante attruppamenti armati, che vanno giudicati da corti speciali, sempre peraltro i magistrati in maggioranza sui militari.

74 - Della polizia commerciale p. 12 quarta parte delle Istituzioni della legislazione amministrativa vigente nel regno delle Due Sicilie, Napoli, 1837 preceduta in organica connessione dai Prolegemoni della amministrazione pubblica considerata nei suoi principi e nella loro applicazione, Napoli, 1836, nei quali, alle pp. 133-181, Liberatore aveva pubblicato la prolusione letta alla "Pontaniana" nello stesso anno Della economia politica base fondamentale della pubblica amministrazione e de' suoi più celebri scrittori, fra i quali principalissimo Romagnosi, di cui erano stati riproposti i Principi fondamentali del diritto amministrativo con l'applicazione da parte di De Gerando (fin dal 1832, all'indomani dell'autorizzazione ufficiale, un'ennesima novità di Ferdinando II, a tener scuola privata, che il Nostro aveva tenuto in pratica già lungo il decennio precedente, Liberatore aveva precisato che tutta l'Italia attendeva da Romagnosi la formulazione scientifica del diritto amministrativo cfr. P. Liberatore, Introduzione allo studio cit., p. 28).

75 - Un bilancio in proposito è quello che Liberatore traccia nel trattato Degli ufiziali di polizia giudiziaria nella istruzione delle pruove ne' processi penali, Napoli, 1826, che prende espressamente a modello l'analoga compilazione sui giudici di pace del "nostro ottimo amico, comprovinciale e collega" Nicola Nicolini già avvocato generale presso la Corte Suprema (il "ripurgo" del 1821 non lo aveva risparmiato, nonostante che egli avesse fatto di tutto per sottrarsi alla "aura popolare" cfr. il sonetto 22 agosto 1820 in N. Nicolini, La musa di famiglia cit., p. 34). Liberatore si compiace che la legge 22 settembre 1817 abbia fissato attribuzioni e limiti della polizia giudiziaria e amministrativa, cosa "assai difficile di stabilire per tutto il tempo dell'occupazione militare" ed enumera con altrettanta soddisfazione i buoni esiti legislativi suggeriti dal Saggio, ma deplora di non aver ottenuto il risultato fondamentale, che cioè "tutte le materie penali si fossero riunite in un solo codice, anche perché il cittadino sapesse quale sia l'azione vietata, e come punibile" (cfr. P. Liberatore, Degli ufiziali cit.).

76 - Abbiamo già segnalato questa significativa involuzione del Nicolini, a cui qui è da aggiungere l'evidente strumentalizzazione di Vico, che si accentua e trionfa nel successivo brano citato nel testo.

77 - È appena il caso di ricordare che proprio per aver sposato una donna divorziata, caso unico e clamoroso nel regno di Napoli, Pasquale Borrelli era stato allontanato dalla medesima gran corte civile di Napoli nello stesso anno 1817 che vedeva Liberatore ascendere alla presidenza della gran corte criminale. Le successive turbinosissime vicende politiche di Borrelli, insieme con la sua parabola filosofica, non ci interessano in questa sede.

78 - P.S. Mancini, Della vita cit., pp. 18-19 e 25-26.

79 - Come per Borrelli, anche per De Thomasis ci asteniamo dal soffermarci sulle importantissime vicende politiche del nomimestre costituzionale e sul successivo e conseguente esilio toscano.

80 - De Thomasis era morto il 10 settembre 1830, subito dopo essere rientrato in contatto con la Corte a livello confidenziale di cui purtroppo ci manca la documentazione, ed a Raffaele Liberatore, il ben noto letterato figlio di Pasquale, era stato impedito di tenerne un pubblico necrologio.

81 - Nell'opuscolo Della Gran Corte di Cassazione ultimamente denominata Suprema Corte di Giustizia s.l., s.d. (ma post 1815) De Thomasis, senza nominare Nicolini, illustra le funzioni di rescissione, e non di riforma delle sentenze affidate a quel consesso, sull'interessante criterio secondo il quale (p. 5) "gli uomini per naturale istinto tendono ad ampliare i loro poteri, e spesso disfanno il fatto unicamente per voglia di rifarlo a loro modo Le autorità superiori credono di buona fede che la maggioranza del grado dia sempre la superiorità del sapere". Il brano di Liberatore su De Thomasis è in Sulle istituzioni giudiziarie cit, pp. 83-85. Si veda anche R. Feola, Dall'illuminismo cit., p. 281.

82 - "Il rispetto dovuto al diritto individuale di proprietà è uno di quei dogmi politici che l'uomo in qualunque posizione si trovi, non può non riconoscere facendo uso della sua propria ragione Tutti i titoli del Codice civile non sono che un'esposizione delle regole relative all'esercizio del diritto di proprietà Chi non sa che l'assoluta eguaglianza è la chimera dell'età dell'oro non esistente che nella fantasia dei poeti? L'ineguaglianza delle fortune va perfettamente d'accordo con l'ordine pubblico, e questa verità è così evidente che sarebbe superfluo lo svilupparla" (N. Tommaseo, Osservazioni per servir di comento alle leggi civili del regno delle Due Sicilie, Napoli, 1830, II, 55 opportunamente cit. in A. De Martino, Tra legislatori e interpreti. Saggio di storia delle idee giuridiche in Italia meridionale, Napoli, 1974, p. 5).

83 - B. Croce, Storia del regno di Napoli cit., p. 318.

84 - Prontissima a tal proposito l'adesione di Pasquale Liberatore nelle Nozioni preliminari all'Introduzione allo studio cit. (che, come si è visto, è del 1832) e l'esplicita attestazione di una comune collaborazione che lo induce a seguire De Thomasis anche quanto alle riserve su Delfico ed alla polemica sul "metodo vizioso" che impedisce un collegamento seriamente critico tra il nuovo codice civile e l'antica legislazione (le Nozioni occupano le pp. 1-83 dell'opera, cfr. pp. 32-33, 39 ss.; sulla derivazione vichiana di Hegel e Gans e della loro scuola giuridica e "filosofica", 60 e 64).

85 - P. Liberatore, Introduzione cit., pp. XI-XVIII passim, 228, 330. Si ricordi viceversa la spigliata opinione di Borrelli ("La civiltà sociale e l'oppressione della donna non fecero giammai dimora in una terra medesima" cfr. Bibliografia cit., p. 28) che lo differenzia nettamente dagli amici del gruppo chietino.

86 - P. Liberatore, Introduzione cit., pp. 284 e 423.

87 - "Giornale abruzzese di scienze lettere ed arti", Napoli, aprile 1839, pp. 20-31 da Parigi, col rammarico, espresso in esordio dello scrittore, di non aver conosciuto di persona De Thomasis.

88 - Di Nicolini sono nel frattempo da ricordare i due discorsi pronunziati nella qualità di presidente di consiglio generale, quello del 1835 a Chieti, di cui già si è fatta menzione, e che qui ricordiamo per la ribadita e sottolineata importanza della strada Frentana per i lanifici di Palena, già proposta da Liberatore nel 1806 (ma lo stesso Liberatore, l'abbiamo visto, ne avrebbe constatato nel 1838 il fallimento) e Della importanza de' consigli generali di provincia discorso pronunziato il 1° maggio 1836 a Caserta per l'inaugurazione di quello di Terra di Lavoro che va tenuto presente per il ritorno, promosso dal nuovo giovane sovrano, a quelle rappresentanze comunitarie più o meno tradizionali ed efficienti di cui ancora nel 1839 avrebbe parlato positivamente Tommaseo ("Fin da' primi tempi di sì salutare istituzione quegli stessi che fra di noi la introdussero la tennero più come vana forma che come mezzo efficace di miglioramento civile. E da ciò di anno in anno lo scadimento sempre crescente della importanza e della riputazione de' consigli generali Ma salì Ferdinando II sul trono").

89 - "Giornale abruzzese di scienze lettere ed arti", Napoligennaio 1841 pp. 3-16 e marzo 1843 pp. 173-180.

90 - Il primo era morto fin dal 1830, l'anno stesso dell'assai più giovane De Thomasis, ritirato a Chieti a vita privata lungo tutta la Restaurazione, Delfico lo aveva seguito nella tomba, vecchissimo, due anni più tardi.

91 - F. De Sanctis, Della pubblica educazione cit., pp. 91, 94, 118, 171, 223-224, 232 ss.