Giuseppe Soccio

Marmi e alabastri del Gargano

Il 14 dicembre 1867 a Firenze, con atto stipulato dal notaio Giuseppe Salucci della Vipera, un "comitato promotore", composto dal cav. Sebastiano Fenzi, dall'ing. Ulisse Guarducci, dall'avv. Giovanni Piceni, dall'ing. Carlo Giaconi, dall'ing. Gio. Carlo Landi e dal cav. Giuseppe Bava, pone le basi giuridico-amministrative per la formazione di una "Società per l'acquisto, estrazione, lavorazione e vendita di marmi e alabastri esistenti nei monti della Capitanata e [che] sarà denominata Società Anonima Gargano".

Scopi, strutture e mezzi di tale società sono ampiamente descritti in un opuscolo a stampa a cura dello stesso comitato promotore1, il quale si era costituito proprio per lo stupore suscitato dalla notizia che "una collezione di marmi, alabastri e stalattiti provenienti del Gargano" era stata spedita "dalla R. Società Economica e Camera di Commercio alla Esposizione universale di Parigi". Per di più questi campioni "fornirono materia a profondi e accurati studi geologici, [ancora] inediti2 del chiarissimo Professore Leopoldo Pilla". L'autorevolezza dell'illustre geologo3 contribuì ulteriormente a spingere verso la formazione di una "società promotrice" che "si pose in relazione con persone cospicue ed influenti della provincia, dalle quali, oltre alle più minute e preziose informazioni sull'argomento, potè attingere la sicurezza che l'intrapresa desiderata, sospirata anzi da quelle popolazioni come la sorgente della futura loro prosperità, otterrebbe efficacissimo e numeroso concorso anche dai capitalisti locali"4.

Sempre tale società promotrice, quindi, "spediva persona dell'arte la quale in appoggio ad altri suoi colleghi di Foggia improntasse un rapporto dettagliato delle cave illustrate geologicamente dal Pilla. Nel frattempo che si stava compilando il rapporto di cui sopra, la società promotrice stessa gettava le basi di un progetto di statuto sociale". La persona di fiducia della società che eseguirà i rilevamenti topografici e statistici è l'ing. Filippo Paltrinieri, il quale curerà anche un cospicuo corredo di note alle relazioni del geologo Pilla.

Quanto finora esposto, unitamente a lettere e documenti dei sindaci di San Marco in Lamis e di Apricena ed alla riproduzione dei rapporti del Pilla, è sostanzialmente il contenuto dell'opuscolo cui abbiamo fatto riferimento: vediamo ora come era nata questa speranza di sviluppo economico, già coltivata da Francesco Della Martora e non adeguatamente incoraggiata dalle poco paterne disposizioni del governo borbonico "che vedeva di mal'occhio qualunque impresa avesse per base il principio di associazione"5.

Tutto inizia con la passione e la testarda determinazione di un medico di San Marco in Lamis: Leonardo Cera6. Egli, infatti, si diede ad investigare il territorio garganico alla ricerca di luoghi da cui cavare marmi e alabastri e raccolse quei campioni che saranno poi spediti alla Esposizione Universale di Parigi, oltre che a mostre che si tennero a Napoli7.

Per verificare la consistenza delle scoperte del Cera, con R. Rescritto 17 luglio 1839 veniva inviato in Capitanata il professor Leopoldo Pilla, che compilò due rapporti, rispettivamente in data 8 gennaio 1840 e 20 gennaio 1840, diretti al Ministro Segretario di Stato degli Affari Interni Nicola Santangelo, e una relazione diretta all'Intendente di Capitanata, Gaetano Lotti, datata 29 gennaio 1840 e letta in una tornata straordinaria della Società Economica di Capitanata8.

In questa peregrinazione geologica sul Gargano, Leopoldo Pilla è accompagnato dal russo conte Pierre de Tchihatchev che con lui divideva "l'amore passionatissimo per la scienza geologica"9.

La prima osservazione, che Pilla registra, è quella sulla composizione delle falde del promontorio che guardano a scirocco, formate da calcare terroso, a grana grossolana: si tratta del tufo che, tagliato in forma di piccoli parallelepipedi, viene adoperato "per uso di costruttura nella maggior parte dei paesi della Daunia"10.

Ma ecco, appena inerpicatosi per le balze del Gargano, un vasto altopiano denominato Calderoso, dove il geologo ha la possibilità di ammirare "il più bel marmo brecciato" che avesse visto fino ad allora. E, da questo luogo "furono cavati i marmi brecciati, de' quali molto uso si fece nell'edificio della Reggia di Caserta, e la cava tuttora esiste e si addimanda la Cava del Re"11.

Su questa cava l'ing. Paltrinieri stende una lunga nota, dopo che nella precedente aveva fatto rilevare che i marmi del Calderoso erano stati fatti osservare "dal valoroso artista della capitale di Ricca"12, per spiegarne anche la denominazione.

Per la costruzione della vanvitelliana opera fu commissionata all'ing. Giuseppe Canard la scelta dei marmi nel regno e da documenti, "forniti di Chirografo in idioma Spagnuolo di Re Carlo III", si attingono notizie circa l'impiego di marmi estratti dal giacimento del Calderoso, che non si limitò esclusivamente alla Reggia di Caserta: infatti, anche per la "costruzione del nuovo braccio del R. Palazzo di Napoli" furono impiegati marmi brecciati del Calderoso e di Lamapuzza e, come notato anche dal Galanti, dal Manicone e dal Fraccacreta13, dalla stessa cava provengono marmi che si trovano nel Museo di Portici.

Da un marmo della Cava del Re, dimenticato nel porto di Manfredonia da quando Carlo III richiese dei campioni, il tagliapietre Raffaele Petrino, vivente all'epoca dell'incarico dell'ing. Paltrinieri, costruì, su commissione municipale, le vasche del "pubblico Giardino di Foggia", mentre nella chiesa di San Pasquale, nel 1821, lo stesso Petrino costruiva l'altare maggiore, i due gradini che portano i candelieri e l'altare dedicato a S. Lorenzo sempre con materiali della Cava del Re, da cui provengono anche quelli usati per le vasche dell'acquasanta della chiesa di S. Gaetano, per il battistero e per le vasche dell'acquasanta della chiesa parrocchiale di S. Tommaso Apostolo.

E ancora: a Bovino, sempre il Petrino, utilizzò marmi garganici per il pavimento della chiesa dell'Annunziata; i due pilastri che, a Foggia, si trovano davanti all'ingresso del palazzo dei fratelli D'Andreani sono del Calderoso, mentre da Castelpagano, oltre che dalla Cava del Re, provengono i pilastri del pozzo rotondo di fronte al municipio di Foggia; inoltre, Luigi Ragucci, nell'opera Principii di pratica e di Architettura, stampata a Napoli nel 1859, attesta che il pavimento della chiesa di S. Carlo all'Arena è lastricato di marmi provenienti dal Gargano14.

Dal Calderoso il Pilla si sposta verso il centro abitato di San Marco in Lamis, attraverso la Valle del Volture15, e nelle coste dei monti a Nord del paese, in località Strascino e Meliscio, si trovano alcuni degli alabastri fatti estrarre da Leonardo Cera a sue spese che pure andranno ad abbellire la Reggia di Caserta, mentre da un masso cavato dal "monte" Strascino lo scultore Ricca, prima citato, ricaverà una Sfinge portante una vasca del diametro di un metro, "venduta a Napoli per oltre 10.000 lire"16.

Interrotte dalla molta neve e dal tempo cattivissimo, le osservazioni del Pilla riprendono, con la compagnia del Cera, di nuovo dalla Valle del Volture dove è possibile osservare un marmo assai simile al cosiddetti giallo di Siena, mentre in località Durante vi sono 'ammassamenti' di marmo che rassomigliano alla cosiddetta breccia coralina di color rosso carmino e di marmo fiorito "di color rosso di rosa con punteggiature brune".

Percorrendo, poi, la Valle di Stignano, in contrada Piano de' Pastini vi è dell'alabastro bianco e nelle vicinanze del monastero un bel palombino di color ceroide. Alle falde di Castelpagano, in tenimento di Apricena, si trova un'altra cava da cui l'ing. Canard attinse per l'incarico ricevuto da Carlo III di reperimento di marmi per la Reggia di Caserta ed altre opere17.

Ma è verso Poggio Imperiale, e soprattutto nella collina di S. Giovanni in Pane, che il calcare "si converte in un bel marmo bardiglio" di cui la tradizione vuole che siano i due leoni che sono all'ingresso dello scalone della Reggia di Caserta.

Spostandosi verso Lesina, presso la torre Fortore, Pilla incontra le cosiddette Pietre Nere, mentre nei pressi della Torre di Miletto si imbatte in giacimenti di marmo palombino e, nei pressi di Cala Roscia, di marmo di color rosso vivo.

Ed a Cala Roscia terminano le osservazioni del Pilla "sopra i marmi garganici, poiché in tutto il rimanente di quel montuoso promontorio mancano al tutto pietre di questa natura perché differente è la sua geologica struttura"18.

E sulla struttura geologica del Gargano verte la relazione, datata 20 gennaio 1840, diretta all'intendente Gaetano Lotti, che si occupa dell'intero promontorio e delle Isole Tremiti, di sicuro interesse per la storia naturale, in quanto vi si registrano, oltre che osservazioni sulle stratificazioni e sulla conformazione del terreno, rinvenimenti di fossili che permettono di risalire ad ere geologiche.

Il 1 febbraio 1840, il ministro Nicola Santangelo fa pervenire all'intendente Lotti le sue risoluzioni sui rapporti del geologo che prevedono un compenso per il Pilla stesso e per Leonardo Cera che potrebbe ricavarsi da quanto i comuni otterrebbero dagli "estagli locativi", dalle concessioni per l'estrazione di marmi rilasciate ad "imprenditori" sotto la direzione di un ingegnere provinciale e con l'ausilio di "giornaliero de' naturali del Gargano". Insomma una raccomandazione cui tenderà l'orecchio Francesco Della Martora ma che resta inascoltata da altri, anche perché paternalistica e poco convinta, fino a quando il Paltrinieri non rassicurerà il comitato promotore di Firenze circa l'attendibilità dei rapporti del Pilla, ma siamo già in periodo postunitario.

Per verificare la fattibilità del progetto, il comitato stabilisce contatti, attraverso la sottoprefettura di San Severo, con Francesco Centola, sindaco di San Marco in Lamis, e con Michele Zaccagnino, sindaco di Apricena, che, rispettivamente in data 22 e 25 maggio 1867, manifestano con missive al rappresentante della società la soddisfazione e le attese delle popolazioni che finalmente troveranno "lavoro e pane"19.

Al termine, poi, dei rilevamenti e dei riscontri del Paltrinieri, gli stessi sindaci gli rilasceranno un attestato per certificare che effettivamente si è recato sui luoghi indicati dal Cera e studiati dal Pilla e che ha svolto il suo incarico con "zelo ed energia".

Tutto è pronto, quindi, per concludere i contratti con i due comuni.

Quali sviluppi abbia avuto la vicenda per Apricena è sotto gli occhi di tutti, anche se comunque sarebbe interessante individuare fasi e protagonisti di uno sviluppo economico basato in buona parte sulla estrazione e lavorazione di una "pietra" che oramai è tutelata da un marchio di qualità; per San Marco, invece, le cose andarono diversamente.

Stabiliti, come si è visto, i contatti tra il comune e la società fiorentina, il 23 aprile 1868 il consiglio comunale di San Marco in Lamis si riunisce "per deliberare intorno alla tanto questionata impresa di Marmi e Alabastri del Gargano"20.

La relazione introduttiva viene tenuta dal sindaco dott. Giuseppe Tardio, che sottolinea l'importanza dell'affare "sotto il duplice aspetto morale e materiale, ché li preziosi minerali celati nelle viscere del Monte Gargano saranno sorgente inesauribile d'industria e commercio e quindi di ricchezza pubblica, e l'industria e commercio sono i fattori principali della civilizzazione di un Popolo. Sicché puossi dire senza jattanza od ostentazione di sorta, che l'attuazione di tanta impresa, importante come essa è dal lato industriale commerciale, sin dai primordi della scoverta dei Marmi fatta dal benemerito Cittadino Signor Leonardo Cera e massime dietro i dettagliati e profondi studi del Dottissimo Leopoldo Pilla, divenne l'unica aspirazione dei naturali di Sammarco in Lamis aspirazione non compresa [] per causa dei tempi e per la mancanza dello spirito di associazione nelle nostre Provincie. [] Ora che (fortuna per noi) un gruppo di uomini rispettabili per probità, sapere e buona volontà si è costituito in Comitato Promotore in Firenze con atto notarile del dì 14 dicembre 1867 onde creare una società Anonima sotto il titolo - Gargano, e ci mette sott'occhi un progetto col quale tradurre in atto l'aspirazione del popolo Sammarchese: escavare i marmi ed esportarli, prego il Consiglio di esaminare seriamente detto progetto prima di pronunciarsi trattandosi di un affare che si può dire il più vitale per l'avvenire del nostro Paese".

Prima di passare alla discussione ed all'approvazione, poi, il Tardio dà lettura "di una lettera del nostro bravissimo Sig. Cassitto21 Prefetto di Massa e Carrara, diretta all'onorevole Sig. D'Ambrosio", che, per la sua autorevolezza, il Tardio ritiene debba allegarsi alla deliberazione.

Il consiglio comunale, dopo aver, tra l'altro, fatto rilevare che "nell'attuazione di detta impresa trova pane e lavoro la Classe degli Operai", deliberò all'unanimità di "revocare ogni antecedente deliberazione sull'obietto" e di porre, nel contratto da stipulare con la società di Firenze, determinati patti: a) la concessione per l'escavazione riguardava tutto il territorio comunale22, ad eccezione di fondi sativi, sia pure di proprietà comunale, in possesso di cittadini; b) la concessione veniva qualificata enfiteutica ed aveva la durata di cinquanta anni; c) regolamentava la costruzione e l'uso di strade; d) per ogni metro cubo di marmo grezzo la società avrebbe pagato dieci lire italiane, dopo averlo esportato (i primi duecento metri cubi erano concessi gratuitamente quali saggi); e) il municipio avrebbe avuto cento metri di marmi ed alabastri gratuitamente sulle cave, salvo le spese di trasporto e senza pregiudizio per i diritti del vescovo della diocesi previsti dalla Ministeriale del 1860; f) il salario degli operai, da scegliersi tra i "naturali" del luogo, non doveva essere inferiore a quello corrisposto abitualmente nella località; g) i lavori dovevano iniziare non oltre sei mesi dalla stipula del contratto senza interruzione e la società doveva "tenere sui lavori non meno di venti operai al giorno"; un'interruzione di oltre 15 giorni comportava lo scioglimento del contratto; h) in caso di inadempienza sui tempi da parte della società, il comune sarebbe rientrato nel pieno possesso del territorio; i) dopo cinquanta anni la società avrebbe potuto abbandonare l'impresa senza penalità ed esportare quanto già estratto; 1) altri minerali, oltre marmi e alabastri, erano comunque di proprietà comunale; m) la società si impegnava a dare gratuitamente agli eredi di Leonardo Cera venticinque azioni nominali; n) la cessione a terzi non variava i termini del contratto. Altre clausole riguardavano le spese e le modalità di stipula del contratto.

Sottoscritto l'atto, tutto sembrava volgere per il meglio e, finalmente, la popolazione di San Marco in Lamis avrebbe potuto, dopo gli anni terribili del brigantaggio, imboccare la strada dello sviluppo economico con le necessarie e benefiche conseguenze sul piano sociale e civile. E, in effetti, questo sogno doveva entusiasticamente essere accarezzato e ritenuto realizzabile da molti dal momento che all'impresa per l'estrazione e la lavorazione dei marmi si affiancò una iniziativa per la costruzione di una ferrovia garganica.

Intestata a G. Piceni, uno dei primi soci, come si è visto, del comitato promotore, si costituì una "ditta", anch'essa rappresentata in loco dall'ing. Paltrinieri, che, "a mente del Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici datato 19 febb. 1869", ebbe "la concessione di studi per una Ferrovia Garganica". Il comune di San Marco in Lamis deliberò subito per concorrere alle spese occorrenti per tale progetto23.

Ma tanto entusiasmo e tanto fervore di iniziative ben presto si raffreddarono ed insorsero i primi contrasti tra il comune e l'impresa fiorentina. In data 3 luglio 1869, ad esempio, già il cav. Bava, a nome di quella che oramai era diventata la Società Italiana Gargano per la Estrazione ed Esportazione dei Marmi, Breccie ed Alabastri della Capitanata, scrive al sindaco di San Marco in Lamis per lamentare la non completa disponibilità della Difesa S. Matteo24.

Molto probabilmente, i contrasti si acuirono man mano fino al punto che il 7 dicembre 1873 il consiglio comunale decide di intraprendere una azione legale contro la Società Anonima Gargano che sfociasse nella risoluzione del contratto "per la trasgressione alle condizioni principali" in esso previste. In altri termini il comune denunciava la inoperosità dell'impresa e la violazione della clausola riguardante le interruzioni dell'attività estrattiva, che naturalmente comportava il mancato impiego di operai ed il mancato introito nelle casse municipali di quanto stabilito per ogni metro cubo di marmo estratto. Inoltre, il comune lamentava la sottrazione del marmo estratto ad ogni controllo ed il suo trasporto in altri luoghi senza pagare quanto dovuto25. Contro tale deliberazione consiliare, il cav. Bava propose alla deputazione provinciale, che esercitava il controllo sugli atti, un esposto che venne inviato al consesso sammarchese per le proprie deduzioni.

Il 10 febbraio 1874 l'assemblea cittadina si riunisce e conferma la propria volontà, pregando la deputazione provinciale di approvare il precedente deliberato, dopo un'ampia relazione che viene svolta dal sindaco Giovanni Villani. Dalle argomentazioni di quest'ultimo si desume che la società fiorentina giustificava la propria condotta con la scarsità di materiale, contrariamente a quanto il clamore provocato dai rinvenimenti di Leonardo Cera, l'invio a mostre ed esposizioni anche internazionali, nonché le relazioni del Pilla avevano fatto presumere26. Dall'intervento, poi, si evince che l'amministrazione del Villani prende le distanze dai sindaci Centola e Tardio, che non avevano fornito le mappe catastali richieste, ma che erano "gli identici soggetti che per buona ventura erano alle vivide pratiche del Paltrinieri". La società, tra l'altro, lamentava l'impedimento da parte del guardiano di Freda e dei guardaboschi della Difesa di S. Matteo dell'accesso ai fondi dati in concessione. A queste e ad altre accuse, il sindaco controbatte con accuse altrettanto dure e precise, mantenendo ferma la determinazione per la rescissione del contratto.

Di fronte a tanta ostinazione, intervennero, per mitigare le posizioni, le autorità amministrative e di governo superiori. Il giorno 9 marzo 1874, infatti, con la mediazione della sottoprefettura, si tiene un incontro a San Severo tra il sindaco Villani ed i rappresentanti della società, D'Ambrosio e Bava, e "si conchiude che la vertenza potrebbe essere conciliata", tra l'altro, a condizione che il rappresentante della società elegga il proprio domicilio legale nel comune e che l'opificio del lavoro dei marmi sia stabilito nel territorio comunale, e non a San Severo come era già avvenuto, in una località a scelta della società stessa, escludendo il convento di San Matteo su cui precedentemente erano state avanzate proposte27.

Tentativo inutile, anche questo, di ripristinare un contratto che non si sapeva più neanche da chi dovesse essere rispettato, dal momento che il 2 ottobre 1881, sempre il sindaco Villani mette in discussione l'esistenza stessa della società per l'escavazione dei marmi, la quale non ha mai seriamente perseguito gli scopi per i quali si era costituita e, pertanto, senza più mezzi termini, invoca "lo scioglimento del contratto, facultandosi il Sindaco ad adire la giustizia"28.

Sfumava così, e veniva rimosso completamente dall'interesse dei singoli e della collettività, un tentativo di valorizzazione economica di parte del territorio garganico, che, al di là di ogni possibile critica, esprime tuttavia la volontà, sia pure di pochi lungimiranti, di unire al nuovo corso politico, l'Unità d'Italia, un diverso sviluppo che, utilizzando le risorse del luogo, favorisse una aperta e moderna mentalità imprenditoriale.

Secondo Michele Vocino l'impresa fallì "per la deficienza dei mezzi di trasporto" e, perciò, per la carenza di infrastrutture diremmo oggi, mentre secondo M. Pescatore essa "dovè morire in sul nascere per quel fatale abbandono che pesa su tutte le cose del Mezzogiorno"29.

Ambedue colgono aspetti importanti delle ragioni che non hanno consentito una trasformazione economica delle regioni meridionali; ambedue, però, indulgono verso un atteggiamento di rassegnazione che ancor oggi è duro a morire. E, forse, proprio la riflessione su occasioni mancate, o ritardate nel tempo, di decollo produttivo, che avrebbe senz'altro indotto anche un ben diverso livello di maturità civile e sociale, deve spingere ad una cultura del territorio meno improvvisata, meno gridata e maggiormente orientata verso la concreta ed intelligente tutela e valorizzazione di questa risorsa in tutte le possibili direzioni che dovessero prospettarsi e che bisogna percorrere con inventiva e capacità di "intrapresa".

1 - Questo il titolo completo dell'opuscolo: Il Gargano. Illustrazione geologica dei preziosi marmi ed alabastri garganici del chiarissimo professore Leopoldo Pilla tratta dagli autografi che servì di base al rapporto topografico statistico dell'ing. F. Paltrinieri presentato al comitato fondatore della società anonima per l'esportazione dei marmi ed alabastri suddetti e progetto di statuto sociale, Firenze, 1867, pp. 68 e 3 tav. f.t. Cfr. anche M. Pescatore, Il Tavoliere di Puglia e il Gargano, Cerignola, 1898, p. 38, che indica nell'avvocato Luigi Manzini il principale protagonista dell'iniziativa.

2 - In realtà le relazioni di Pilla erano già state pubblicate. Cfr. "Giornale degli atti della Reale Società Economica di Capitanata", vol. V, Napoli, 1839-1840, pp. 92-109. Il rapporto del 20 gennaio verrà pubblicato anche negli "Annali Civili", Napoli, fascicolo XLIII, vol. XXII.

3 - Leopoldo Pilla nacque a Venafro il 20 ottobre 1805. Studiò a Napoli e si affermò prestissimo quale valente scienziato, riuscendo a diventare Conservatore del Museo di Scienze Naturali di quella città. Scrisse moltissimo sul Vesuvio e fu chiamato dal Gran Duca di Toscana a svolgere l'attività di professore di geologia e mineralogia a Pisa, dove diresse anche il Museo Mineralogico. L'Istituto di Francia lo annovera tra le "memorie dei dotti stranieri". Partecipò alle lotte risorgimentali e trovò la morte, alla testa di un drappello di studenti, nella battaglia di Curtatone il 29 maggio 1848. Le notizie, riprese dalla Nuova Enciclopedia Italiana, Torino, 1863, p. 373, sono riportate anche nell'opuscolo Il Gargano. Illustrazione geologica cit., pp. 8-9.

tali e trovò la morte, alla testa di un drappello di studenti, nella battaglia di Curtatone il 29 maggio 1848. Le notizie, riprese dalla Nuova Enciclopedia Italiana, Torino, 1863, p. 373, sono riportate anche nell'opuscolo Il Gargano. Illustrazione geologica cit., pp. 8-9.

4 - Il Gargano. Illustrazione geologica cit., pp. 4-5.

5 - Ib.

6 - Leonardo Cera nacque a San Marco in Lamis il 25 maggio 1781. A soli 23 anni "fu laureato Protomedico nella R. Università di Napoli". Esercitò per breve tempo la professione di medico, poiché la sua vera passione erano gli studi geologici che lo portarono a scandagliare il territorio garganico alla ricerca di giacimenti di marmi ed alabastri. Le sue scoperte "provocavano il R. Rescritto 17 luglio 1839, che chiamava il Professore di geologia e mineralogia Leopoldo Pilla a verificarle tanto nella quantità, che nella qualità". Il Gargano. Illustrazione geologica cit., pp. 9-10.

7 - Cfr., ad esempio, Reale Società Economica di Capitanata, Foggia, Indicazione de' prodotti industriali e naturali che d'appresso ai ministeriali provvedimenti del sig. Direttore del Ministero e Real segreteria di Stato dell'Interno si sono raccolti in Capitanata ordinati e spediti dalla Reale Società Economica della Provincia per la solenne mostra industriale che sarà celebrata in Napoli nel 30 maggio 1853, Foggia, 1853, pp. 10-11. Questo l'elenco dei saggi che ci riguarda: " tre pezzi di Alabastro che s'incontra nelle montagne addomandate Strascino e Meliscio nel tenimento di S. Marco in Lamis - Tre saggi di Marmi fiorati, le cui masse stanno nel luogo detto la Civita - Un pezzo di Breccia mendolata nera, che trovasi a Lamapuzzo - Un pezzo di Rosso ordinario del Calderoso - Un pezzo di Marmo amendolato rosa della località prossima a S. Matteo - Marmo breccia di Francia alle Croci presso S. Marco - Due pezzi di Marmo giallo, ed un altro Travertino della Valle del Volture. Tutti luoghi del suddetto tenimento di S. Marco. Un pezzo di Rosso antico - Falde di Montecalvo tra S. Marco e S. Giovanni. Breccia persichina alle falde di Castelpagano in tenimento di Apricena - Bardiglio in S. Giovanni in Piano del tenimento medesimo, due pezzi. Due pezzi lavorati ed uno grezzo di Marmo nero, che sta abbondevolmente alla Torre di Fortore nel tenimento di Lesina; nel qual luogo s'incontra la Lavagna di cui si mandan pure due pezzi. Due tronchi di stalattiti della Grotta di Montenero in tenimento di S. Marco in Lamis". Più o meno le stesse notizie sono riportate negli "Annali Civili", Napoli, vol. L, pp. 33-35, nell'articolo intitolato Della solenne pubblica esposizione di arti e manifatture del 1853.

8 - Per completezza di informazione segnaliamo anche un rapporto che lo studioso di Venafro compilò "sul combustibile fossile di Alberona", contenuto nello stesso numero del "Giornale degli atti della Reale Società Economica di Capitanata", vol. V, Napoli, 1839-1840, pp. 109-111.

9 - Pierre de Tchihatchev, geologo russo, dal viaggio nell'Italia del Sud compiuto nel 1840, come testimonia il Pilla, ha tratto un volumetto scientifico intitolato Coup d'oeil sur la constitution géologique des Provinces méridionales du Royaume de Naples, suivi de quelques notions sur Nice et ses environs, Berlino, 1842. La parte che riguarda il Gargano, in più punti coincidente con le relazioni del Pilla, e non poteva essere diversamente, è stata tradotta da Giovanni Dotoli ed è contenuta nel volume di G. Cioffari, Viaggiatori russi in Puglia dal '600 al primo '900, Fasano, 1991, pp. 123-130.

10 - Il Gargano cit., p. 18.

11 - Il Gargano cit., p. 20.

12 - Il Gargano cit., p. 19.

13 - Cfr. G. M. Galanti, Della descrizione geografica e politica delle Sicilie, a cura di Franca Assante e Domenico Demarco, vol. I, Napoli, 1969, pp. 516-517 (In realtà in questo testo il Galanti si limita a un generico accenno ai marmi del Gargano, mentre non siamo riusciti a reperire il riferimento fatto dal Paltrinieri); M. Manicone, La Fisica Appula, tomo I, Napoli, 1806, pp. 101-102; M. Fraccacreta, Teatro topografico storico-poetico della Capitanata e degli altri luoghi più memorabili, e limitrofi della Puglia, tomo II, Napoli, 1832, p. 117.

14 - L'ing. Paltrinieri non risparmia notizie circa l'utilizzo di marmi garganici in monumenti ed edifici con l'evidente scopo di convincere il Comitato Promotore alla intrapresa economia e, perciò, non si preoccupa di verificarne la fondatezza e la rispondenza alla realtà. Tali notizie, quindi, non sempre sono attendibili: ad esempio, egli afferma che l'altare maggiore del Convento di S. Matteo è una "ricca esposizione dei marmi ed alabastri garganici nuovi del tutto all'arte, e di un prezzo incognito al commercio", così come sarebbero del Gargano i marmi lavorati "che si rilevano nella Chiesa di S. Antonio Abate e nella Chiesa delle Grazie di San Marco in Lamis". Ora, su queste notizie non esistono riscontri, mentre Paltrinieri è credibile quando afferma che "le pietraie di San Giovanni in Pane [Piano], di San Nicandro, d'Ischitella e di Monteguti e Monte Pucci somministrano bellissime lastre lavorate da Mastri scalpellini, [che] si adoperano per lastrico di pubbliche strade, o per gradini, cornici, davanzali e balconi". Cfr. Il Gargano cit., pp. 26, 30.

15 - Pilla italianizza il toponimo Vadda de Veture. Proprio in questa località, che è anche un sito archeologicamente rilevante, con dubbi passaggi burocratico-amministrativi, è stata aperta di recente una cava.

16 - Il Gargano cit., p. 22.

17 - In una delle tante note al testo di Pilla, a conferma della ricchezza e dell'ottima qualità dei marmi della zona, l'ing. Paltrinieri riporta questo brano tratto dal vol. VIII, dove si parla della Reggia di Caserta, dell'opera di Giuseppe Sigismondi, Descrizione della città di Napoli e suoi borghi: "Il vestibolo superiore ove conduce questa scala, è ottagono, è circondato da 24 colonne di 18 piedi romani d'altezza e di un solo pezzo di marmo che viene da Apricena nelle Puglie". Il Paltrinieri poi aggiunge: "In una delle colonne dell'atrio della Cappella della Reggia suddetta, le quali sono di marmo proveniente dal Gargano, si rileva fatta dalla natura (cosa che sorprende!) l'intiera figura di un Cappuccino col suo mantello". Il Gargano cit., p. 27.

18 - Il Gargano cit., p. 30.

19 - Come attesta una fitta corrispondenza, un ruolo di primo piano nella vicenda lo ebbero Vincenzo D'Ambrosio, domiciliato a San Severo, che sarà socio fondatore della società costituitasi a Firenze, e Giuseppe Tardio, sindaco di San Marco in Lamis, succeduto a Francesco Centola. Cfr. Archivio privato di Tommaso Nardella (d'ora in poi A.P.T.N.), Carteggi di Giuseppe Tardio.

20 - Archivio Comunale di San Marco in Lamis (d'ora in poi A.C.S.M.L.), Registri delle deliberazioni del Consiglio Comunale. Successivamente, il 9 maggio 1868, con altra deliberazione il consiglio comunale perfeziona le clausole del contratto.

21 - La lettera di Raffaele Cassitto è datata 1 aprile 1868 ed è allegata al contratto che successivamente sarà stipulato. In essa il Prefetto di Massa Carrara fornisce alcuni dati del più importante centro italiano di estrazione e lavorazione di marmi: vi sono impiegati ottimila addetti ed operano circa 140 studi di "scultura ed ornato". Archivio Notarile di Foggia, Atti del Notar Giambattista Franco. Raffaele Cassitto nacque a Lucera il 15 settembre 1803 da Francesco Paolo, celebra avvocato, e da Irene Gasparri. Sulle orme del padre, intraprese la carriera forense a Lucera ma fu costretto a ritirarsi per qualche tempo ad Alberona per le condanne e per le multe, che lo costrinsero alla svendita del suo patrimonio, inflitte al padre e ad altri congiunti per motivi politici dal regime borbonico. Ed è durante tale soggiorno, quasi obbligato, che si dedica a studi di mineralogia e geologia "che gli valsero l'alta rincuorante estimazione e una visita del celebre naturalista molisano Leopoldo Pilla". Entrò, poi, nell'amministrazione del Ministero dell'Interno e, all'indomani dell'Unità, fu promosso alla carica di Governatore di Reggio Calabria. In seguito, sarà prefetto a Noto, Pesaro, Grosseto e Massa Carrara. Il 9 novembre 1872 fu nominato senatore, il primo della Capitanata. Si spense, dopo breve tempo, a Portici il 4 dicembre 1873. Cfr. G. Gifuni, Profili e scorci di storia, Napoli, 1942, pp. 143-168.

22 - Al contratto è allegato un quadro sinottico dei territori che ricadono in questa clausola. Le località interessate sono: Piscina Re, Montenero, Coppa di Mezzo, Coppa Ferrara, Cardinale, Stazzo, Monte di Mezzo, Valle Larga, Sambuchello, Lagorosso, Cerasa, Difensola, Calderoso, Schiavonesche, Casarinelli, Valle di Volture, Faranello e Farannone. Si tratta, solo per i terreni non sativi, esclusi quelli sempre di proprietà comunale ma dati in diverso modo in concessione, di ben oltre 8.894 ettari. Tanto rende l'idea, tra l'altro, dell'ingente quantità di territorio di proprietà pubblica che mano mano verrà usurpato.

23 - Cfr. A.P.T.N., Carteggi di Giuseppe Tardio. In una lettera della Ditta G. Piceni e C. al Tardio, allora sindaco, datata 4 settembre 1869, si parla della convocazione di una riunione con tecnici, da tenersi a Foggia, per meglio definire la questione.

24 - A.P.T.N., Carteggi di Giuseppe Tardio.

25 - Cfr. A.C.S.M.L., Registri delle deliberazioni del Consiglio Comunale.

26 - A.C.S.M.L., Registri delle deliberazioni del Consiglio Comunale. Un passaggio interessante del discorso del Villani è quello riguardante l'accusa secondo cui il municipio era stato inadempiente, all'indomani dell'Unità, nel non pubblicizzare adeguatamente la possibilità di una simile attività economica. Nel 1860, dice il Villani, "eravi ben altro pensiero", ed il riferimento al brigantaggio è più che evidente.

27 - A.C.S.M.L., Registri delle deliberazioni del Consiglio Comunale, Verbale della seduta del 16 aprile 1874.

28 - A.C.S.M.L., Registri delle deliberazioni del Consiglio Comunale.

29 - Cfr. M. Vocino, Lo Sperone d'Italia, Roma, 1914, p. 233; M. Pescatore, Il Tavoliere cit., p. 38.