Dott. Daniele Fichera,

Responsabile della Ricerca - Censis - Roma

 

Punto di partenza della ricerca è stata l'individuazione di un modello coerente con le nuove dimensioni (territoriali e soggettuali) dello sviluppo, dove per "soggettuale" s'intende la capacità di coagulare progetti e risorse per diventare enzimi dello sviluppo e per "territoriale" l'ampliamento della scala delle dimensioni territoriali dello sviluppo locale.

La ricerca è stata pertanto diretta a verificare in che misura la Capitanata possa prefiggersi di diventare il punto di riferimento di una nuova dimensione dello sviluppo.

Assieme a diversi elementi critici, esistono in provincia di Foggia potenzialità significative, che possono essere sinteticamente elencate in:

a) le dimensioni della provincia, che per capacità produttiva, estensione territoriale e popolazione residente costituisce un fattore rilevante;

b) la sua collocazione geografica, di per sè strategica;

c) la vitalità del suo tessuto produttivo.

Pur con l'avvertenza che non esistono manuali o regole per individuare la giusta dimensione territoriale dello sviluppo e che questa nasce soprattutto sulla spinta delle propensione degli attori dello sviluppo stesso, non è difficile rilevare come attorno alla Capitanata esista un quadrante territoriale che presenta le stesse potenzialità, a volte anche con maggiore pregnanza.

Le dimensioni ed i confini ideali di tale quadrante possono essere indicati nella Provincia di Foggia, in quella di Campobasso, in parte delle Province di Potenza (area di Melfi), di Benevento (Sannio) e di Avellino (Ariano Irpino).

Può essere pertanto proprio la valorizzazione di tale quadrante la nuova dimensione dello sviluppo della Capitanata.

È paradigmatico, in proposito, lo stesso esempio del contratto di area di Manfredonia, indicato da più parti come l'esempio di una nuova qualità dello sviluppo locale: il contratto avrà successo se sarà capace di interconnettersi con altre esperienze vicine, se riuscirà a divenire il volano capace di creare un ambiente più favorevole per lo sviluppo.

Una domanda di questo tipo sembra emergere d'altra parte anche dalle risposte ai questionari che sono stati somministrati agli attori dello sviluppo nel corso dell'indagine. Vi è una diffusa sensibilità sulla necessità di far crescere i livelli formativi, la cultura d'impresa, la rete di servizi a sostegno delle imprese: obiettivi, questi, che difficilmente possono essere perseguiti da un solo nucleo di sviluppo. Gli stessi nuclei di sviluppo, all'interno di questo quadrante, vanno visti piuttosto come diffusori di sviluppo, che non come luoghi isolati.

Una tale necessità si conferma anche all'interno di altri settori pregnanti dell'economia provinciale, come l'agricoltura, per la quale è necessario un cambio di paradigma. La Capitanata è un gigante in termini di produzione di valore aggiunto, ma non è una capitale dell'agricoltura. I suoi processi di valorizzazione e di crescita possono essere più forti se si aprono alle relazioni con le province contermini: l'innovazione, la ricerca, l'evoluzione dei servizi richiedono una scala di riferimento più ampia della scala provinciale.

Le stesse necessità si palesano nell'analisi di altri settori. È il caso del turismo, che da un ampliamento della scala territoriale dello sviluppo può evidentemente guadagnare in termini di un'offerta maggiormente diversificata. È il caso, ancora di più, della strategia delle comunicazione a lungo raggio: l'aeroporto di Foggia è una risorsa strategica, ma non esiste in nessuna parte d'Italia un aeroporto di scala provinciale; il rilancio del G.Lisa ha senso se ed in quanto punta ad un bacino di più ampie dimensioni.

Il quadrante delineato, con l'aeroporto di Foggia, l'interporto di Termoli, il porto di Manfredonia presenta un quadro di servizi di comunicazione strategici.

Del resto, nel quadrante, la nuova dimensione dello sviluppo si appoggia a reti di realtà urbane anch'esse già in qualche modo interconnesse. La zona di riferimento si presenta come un'intercapedine (Foggia e la sua provincia, articolata nella Pentapoli che gravita tra il capoluogo, San Severo, Manfredonia, Cerignola e Lucera, e poi Campobasso, Benevento, Melfi, Termoli ed Ariano Irpino, che la rendono una Pentapoli, od Esapoli allargata), come una rete di sistemi urbani che presenta indubbiamente caratteristiche diverse da altre aree metropolitane (scarsa concentrazione delle attività produttive, scarsa densità demografica) che possono però diventare delle caratteristiche positive, laddove si pensi per esempio alla facilità con cui può essere scongiurato il congestionamento. La stessa assenza di un baricentro forte può favorire modelli di cooperazione nello sviluppo, altrove più difficili da perseguire.

All'interno di tale sistema vanno rafforzate e favorite le funzioni forti: il sistema di formazione e di ricerca già notevole con le tre Università di Foggia, del Molise e di Benevento (15.000 iscritti, che salgono a 20.000 se vi si aggiungono anche quelli dell'Università di Potenza), la sanità, i servizi alle imprese.

All'interno di questa ipotesi, trova spazio anche un approccio diverse alla questione delle aree intermedie, collinari e montane. Se le aree forti del quadrante devono gestire dinamiche di sviluppo, le aree interne devono affrontare nodi di crisi. Ma è importante rilevare come in ogni caso i problemi siano omogenei.

Un'ultima considerazione sulla ipotesi di nuove aggregazioni amministrative e territoriali. La ricerca ha evidenziato che non si tratta di un problema di confini, ma di leadership, di consapevolezza della classe dirigente locale della necessità di affrontare insieme le dinamiche,amiche di sviluppo.

La rappresentazione emersa dalla ricerca ha travalicato i confini amministrativi, per mettere in evidenza l'esistenza e la necessità di rafforzare i sistemi di relazione.

 

Antonio Chieffo, presidente della provincia di Campobasso

Sono particolarmente lieto di questo incontro, perché dimostra quanto sia stata positiva e vincente l'intuizione avuta qualche anno fa dalle Province di Foggia, Campobasso, Isernia e Benevento, che già da tempo collaborano nella ricerca di intese e di strategia comuni.

Da tempo abbiamo capito che insieme i problemi dello sviluppo si affrontano meglio, anzi starei per dire che solo insieme possono essere affrontati i problemi dello sviluppo.

Un modello di sviluppo non si costruisce con il compasso, ma mettendo assieme volontà, intelligenze, energie. Vogliamo viaggiare insieme, nella consapevolezza che questa terra non potrà salvarsi ristretta nei propri confini. È sintomatica sotto questo profilo l'intesa che abbiamo raggiunto sull'aeroporto di Foggia. Campobasso ed il Molise guardano con attenzione alla Capitanata, alle sue forze imprenditoriali, nella consapevolezza che un disegno strategico comune, un nuovo sistema di infrastrutture, può essere l'elemento fondante di un nuovo sviluppo. Insieme si può crescere, solo insieme si può crescere, e non saranno i confini regionali a separarci.

 

Giuseppe De Rita

Segretario Generale del Censis

 

Sono molo contento di essere con voi stasera, perché proprio qui, in provincia di Foggia, ho cominciato la mia attività di ricercatore, nel modo più diretto ed entusiasmante con cui un ricercatore possa lavorare, cioè con la ricerca sul campo. Nel 1959 e nel 1960 sono stato qui a lavorare, a Biccari, Roseto Valfortore e Volturara Appula. È un'area che conosco e che stimo.

Lo sviluppo di un popolo, di una nazione avviene sulla spinta gli sviluppi locali. Ma attenzione: lo sviluppo locale, ovvero uno sviluppo legato al territorio, presuppone la consapevolezza che la dimensione locale deve mettersi in relazione con una dimensione più ampia, non può essere autoreferenziale. Lo sviluppo è capacità di entrare in relazione.

Il più grande filosofo del nostro secolo, Heidegger, diceva che l'identità non è nel soggetto, ma nella relazione.

Qual è dunque il futuro della Capitanata? È in un'identità tutta autoreferenziata o è un'identità di relazione? Soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia, l'autoreferenzialità vale poco, se si eccettuano poche aree come Napoli, Bari o Melfi che presentano una grande concentrazione di risorse. Per il resto, per il resto delle aree meridionali, il futuro passa per la loro capacità di mettersi in relazione.

La Capitanata non basta a se stessa, bisogna dunque evitare l'autoreferenza.

Così come ha chiarito Fichera nella sua relazione, non è nemmeno un problema di modifiche istituzionali o territoriali. Non basta inventarsi una macroregione, e del resto per farlo è sufficiente armarsi di un pennarello e disegnare un nuovo confine. Ma appunto si inventa, si crea un nuovo confine e basta.

Il problema è capire con quali sistemi si entra o non si entra in relazione. Il problema è di vedere in quale sistema di relazione, in quale sottosistema funzionale si entra.

Voglio dire con molta onestà che non spetta al ricercatore dare una risposta a questo problema. Che è un problema di scelte, e quindi di scelte politiche, che spettano agli attori istituzionali dello sviluppo ed in primo luogo alla classe dirigente, agli Enti Locali.

L'intervento di Fichera ha chiarito molto bene le dimensioni del quadrante che emerge dall'indagine come il polo di una nuova possibile dimensione dello sviluppo in quest'area del Mezzogiorno.

Io vorrei aggiungere che occorre anche una scelta di fondo circa le relazioni che quest'area a sua volta vuole detenere. E mi sembra che esistano almeno tre opzioni di scelta, che passo sinteticamente ad illustrare.

 

1) Stare nella direttrice adriatica.

Assieme all'esplosione del nord Est, credo che lo sviluppo della dorsale adriatica sia tra le cose più significative che siano accadute nel Paese negli ultimi vent'anni. Il modello di sviluppo della direttrice è tipicamente a forma di pettine. Una dorsale forte localizzata sulla costa connette i denti del pettine che si allungano attraverso le valle all'interno. È così da Rimini a Pescara, passando per Fermo, Ancona, Macerata. La logica del pettine s'interrompe proprio in Capitanata: quali relazioni con l'interno ha per esempio Manfredonia,a praticamente nessuna. Ma la Capitanata, opportunamente rinforzando il suo sistema di relazioni verso l'interno può svolgere positivamente questa funzione di radicamento verso la costa. La scelta tocca alle autonomie locali.

 

2) Il modello Fiat.

È quello teorizzato dai tecnici dell'industria torinese che all'epoca della scelta della localizzazione dello stabilimento di Melfi, inventarono un modello a freccia, la cui punta o vertice era appunta Melfi ed i suoi lati la direttrice verso Grottaminarda e Montecassino e quella verso Foggia e Termoli. Un modello molto efficace e come si vede diverso da quello del pettine e dei suoi denti che si allungano nelle vallate interne. Nella logica del pettine, Foggia sarebbe una delle tante, nella logica della freccia, Foggia sarebbe un punto nodale.

 

3) Integrazione Est-Ovest.

Esistono indubbiamente profonde affinità culturali e sociali tra il versante adriatico e quello tirrenico che le scelte di sviluppo degli ultimi decenni hanno in un certo senso contribuito a far eclissare. Basti pensare che in tutta la penisola solo due autostradale, la Roma-Pescara e poi la Napoli-Candela svolgono una funzione di integrazione tra i due versanti. È un 'integrazione che fa parte della storia, della cultura (come non citare per esempio l'antica pratica della transumanza) ma forse difficili da coltivare, perché presupporrebbe la realizzazione di grandi infrastrutture di collegamento che l'attuale congiuntura della spesa pubblica rende alquanto problematiche. Eppure si può puntare anche in questa direzione. Ripeto, è un problema di scelte, di grandi opzioni che devono essere compiute dalla classe dirigente.

 

Quali di queste opzioni la classe dirigente sente di più? Non è il ricercatore che deve rispondere a questo interrogativo. La relazione ha bisogno di una direttrice lungo la quale muoversi, e l'individuazione di una tale direttrice mette in gioco aspetti politici, culturali.

Ma mi permetto di avanzare alcune ipotesi circa i parametri che dovrebbe aiutare nella scelta. Per esempio, quale delle direttrici delineate è più coerente con il bisogno di acqua che angustia la Capitanata. Sembrerebbe a questo punto la direttrice dell'integrazione Est-Ovest visto che già adesso la Puglia preleva acqua dal Molise e dal Beneventano.

Oppure, se si pensa all'agricoltura, a quali filiere produttive punterà questo settore nei prossimi anni. Dove andranno i suoi prodotti? Verso Faenza, Francoforte, Amsterdam? Ed allora ecco tornare d'attualità l'ipotesi della dorsale adriatica, con il rafforzamento delle grandi strutture di collegamento.

Ma se dall'agricoltura passiamo all'industria, domandandosi quale sia attualmente la logistica industriale, attorno alla quale si incardinano le infrastrutture per lo sviluppo, oppure allo stesso turismo, e alla sua capacità di dar luogo ad un'offerta diversificata si accorgiamo che la direttrice più coerente potrebbe essere quella della freccia, che, lo dico a titolo assolutamente personale, è quella per la quale io propenderei maggiormente.

Vi accorgete come le indicazioni di direzione non possano che essere date dalla classe dirigente locale, al termine di una riflessione che è politica e soprattutto economica, perché fare sottosistema non è un fatto politico, ma funzionale alle attività economiche, come insegnano i patti territoriali.

In questa zona del mezzogiorno esistono molte potenzialità positive. Per esempio, dall'indagine è emersa inequivocabilmente una fortissima porpensione alla relazione da parte della classe dirigente. La risposte ai questionari ci svelano una classe dirigente che la relazionalità ce l'ha addirittura nel sangue.

Si tratta di adeguare questa propensione alla necessità di un sottosistema in fieri, che però camminano probabilmente più velocemente rispetto alla cultura media della classe dirigente. E la classe dirigente deve scegliere di camminare in una direzione, deve scegliere di incamminarsi in un tentativo di fare rete, di costruire una cultura di sistema. Il Presidente pellegrino parlava di un compito difficile di una fatica improba.

Ma sono certo che la classe dirigente saprà accettare questa sfida, perché è compito di chi governa fare lunghe marce ed accettare sfide faticose.