Storie di palazzi


 

 

Il centro antico della città di Foggia è caratterizzato dalla presenza di alcuni significativi palazzi costruiti per i notabili delle epoche passate.Questi fabbricati sono usciti indenni dai bombardamenti aerei dell'ultima guerra e i loro proprietari hanno resistito alle lusinghe di interventi speculativi che in non pochi casi hanno determinato il sorgere di anonimi ed invadenti palazzoni, con i deplorevoli risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Questa rassegna ha l'intento di fornire brevi notizie su alcuni immobili e stimolare alla conoscenza di un patrimonio architettonico che con il tempo va sempre più in rovina.

 

 

PALAZZO FREDA (ingresso principale al civico 4 di corso Garibaldi)

Fu realizzato nella prima metà del sec. XVII per la famiglia Freda, in origine de Fredo. L'edificio, che aveva subito notevoli danni a causa del terremoto del 20 marzo 1731, fu subito restaurato dal suo proprietario Francesco Freda. Recentemente è stato ristrutturato da nuovi acquirenti, conservando immutata soltanto la facciata. I Freda, costretti a fuggire per motivi politici da Modena, loro città natale, si rifugiarono a Roma e successivamente, al seguito del condottiero Prospero Colonna, si trasferirono nel Regno di Napoli fissando la loro residenza a Bisaccia, a Deliceto ed infine a Foggia. Prospero Freda fu il primo della famiglia ad assumere l'importante incarico di credenziere della Dogana della mena delle pecore di Puglia. Un suo discendente, Domenico Freda, fu insignito del titolo di marchese da Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli. Il privilegio fu concesso in occasione del matrimonio di Francesco di Borbone, principe ereditario al trono di Napoli, con Maria Clementina d'Austria. Il rito religioso fu celebrato nella Chiesa madre di Foggia.

 

CIMAGLIA (ingresso principale al civico 5 di via Cimaglia)

Il palazzo fu costruito nella prima metà del secolo XVII. In un documento, conservato nell'archivio capitolare di Foggia, si legge che questo immobile era stato ipotecato a garanzia del pagamento di ventiquattro ducati per un prestito concesso dal Capitolo di Foggia ai fratelli Cimaglia. Lo stile lineare della facciata dell'edificio è arricchito armoniosamente da lesene con capitelli a volute e a foglie e da timpani triangolari e semicircolari. I Cimaglia, originari della Spagna, vennero in Italia al seguito di Alfonso V di Aragona. Il miles Liquoro, che aveva acquistato il feudo di Boiano, fu il primo di questa famiglia ad essere investito del titolo di barone. Un suo discendente, l'avvocato Domenico Maria Cimaglia, che aveva sposato Elena Gonzaga dei principi di Molfetta, fu decorato del titolo di marchese di Trelingue.

 

BRUNO (ingresso al civico 22 di via Bruno)

Fu costruito dopo il terremoto del 1731 da Luca Bruno, nato a Giffoni, commerciante all'ingrosso delle lane e affittuario della masseria Arpetta in agro di Foggia, di proprietà dell'Abbazia di San Leonardo di Siponto. Luca Bruno acquistò, per 38.000 ducati, il feudo di Sant'Angelo all'Esca, in provincia di Avellino, con atto stipulato il 14 febbraio 1753 dal notaio Giovanni Ranucci. Nello stesso anno ottenne il titolo di barone da Carlo III di Borbone. Il feudo passò al figlio Michele il quale fu decorato del titolo di marchese da Ferdinando IV di Borbone, con diploma del 24 aprile 1780. Tra i figli del barone Luca Bruno merita di essere ricordato Vincenzo, che fu uno dei protagonisti della Repubblica Partenopea. Il 25 gennaio 1799 fu nominato presidente della Municipalità di Napoli e il 12 febbraio dello stesso anno entrò a far parte del governo provvisorio repubblicano. La sua carriera politica ebbe breve durata in quanto la regina Carolina, moglie di Ferdinando IV di Borbone, esigeva la sua decapitazione. Braccato e privo di amici si rifugiò a Monte Sant'Angelo dove, arrestato, fu rinchiuso nel palazzo Fantetti. Morì suicida il 21 ottobre 1799 ingerendo un potente veleno che portava con sé per ogni evenienza.

 

SAGGESE (ingresso al civico 2 di piazza del Lago)

La costruzione dello stabile si deve far risalire alla prima metà del secolo XVII in quanto, in un documento datato 1666, si fa esplicito riferimento al palazzo del barone Saggese. L'edificio, inizialmente costituito da due piani fuori terra, fu ereditato dal marchese Francesco Saverio Freda. La famiglia Saggese era originaria di Ravello ed il primo a trasferirsi a Foggia fu il notaio Giovanni Andrea. Giuseppe Saggese, che nel 1652 acquistò i feudi di Roseto, in Capitanata, e di Vetruscelli, in Contado di Molise, fu il primo della famiglia ad essere investito del titolo di barone. Suo nipote Filippo fu insignito del titolo di marchese il 25 giugno 1797 da Ferdinando IV di Borbone in occasione del matrimonio di Francesco di Borbone con Maria Clementina d'Austria.

 

D'APONTE (ingresso al civico 5 di via Le Maestre)

Fu costruito per il commerciante salernitano Francesco D'Aponte, trasferitosi a Foggia nella seconda metà del secolo XVI. Alienato al soldato della milizia Giovanni Battista Remestino di Foggia, con atto stipulato il 14 giugno 1603 dal notaio Fabio Petrea, lo stabile fu acquistato poi dal barone Orazio Saggese il quale divenne proprietario anche della cantina adiacente. Il terzo piano fuori terra fu soprelevato nel secolo XIX probabilmente dalla famiglia d'Atri, acquirente del palazzo.

 

DELLA POSTA (ingresso al civico 13 di via Le Maestre)

Il palazzo, che trae le sue origini da alcune casette terranee, fu costruito, tra il 1670 e il 1680, da Pietro della Posta, discendente da una antica famiglia di feudatari. In testa al timpano semicircolare del balcone centrale del secondo piano fuori terra si leva uno stemma, forse quello di Potito Saiguini, primo marito di Giulia della Posta, divenuta proprietaria dello stabile in seguito alla donazione del fratello. Giovanni Battista della Posta fu il primo intestatario foggiano del feudo di Grottaminarda, in provincia di Avellino; con l'atto di acquisto, stipulato il 17 novembre 1698 dal notaio Pietro Colacino, ottenne il titolo di barone. Vent'anni dopo, suo figlio Pietro fu decorato del titolo di duca, con privilegio concesso il 16 gennaio 1716 da Carlo VI d'Austria. I suoi cugini, invece, ottennero il titolo di duca di Civitella Alfidena in seguito all'acquisto dell'omonimo feudo.

 

DE BENEDICTIS (ingresso al civico 10 di piazza Martiri Triestini)

È databile 1742; l'anno prima, infatti, la fabbrica risultava ancora incompleta. Primo proprietario fu l'avvocato Francesco De Benedictis di Ascoli Satriano, il quale si era trasferito nel capoluogo dauno per esercitare la professione forense presso il tribunale della Dogana della mena delle pecore. Le quattro facciate, costituite da muratura a doppio paramento, tufi all'interno e mattoni di creta all'esterno, sono arricchite da quattordici balconi con ringhiere bombate in ferro.

 

CAPONEGRO (ingresso al civico 29 di via Le Maestre)

Il palazzo (composto da due piani fuori terra, comprendenti quattro pianterreni, portone d'ingresso, grotta, cortile interno scoperto, e nove vani superiori) fu edificato nella prima metà del secolo XVI dal notaio Claudio Caponegro che aveva sposato Livia Finabellis, appartenente ad una nobile famiglia presente in città fin dal secolo XIII. I coniugi Caponegro intestarono a favore del Capitolo di Foggia un legato annuo di sei ducati da ricavarsi dalla rendita del loro fabbricato, sito nel luogo detto Pozzo o Pizzo della rota, corrispondente all'attuale via Le Maestre. L'immobile, che nel 1684 era stato ereditato dal possidente Ramiro Rosignuoli, fu alienato successivamente all'arciprete Nicola Poppa di Orsara di Puglia.

 

DE CAROLIS (ingresso al civico 8 di piazza de Carolis)

Il palazzo, che aveva originariamente l'ingresso al civico 2 di via Nunziata Sulmona, fu ricostruito dalle fondamenta, dopo il terrremoto del 1731, dal proprietario Nicola Maria de Carolis. Suo padre Gaetano discendeva da una famiglia originaria di Napoli, trasferitasi a Foggia alla fine del secolo XVI. L'edificio è arricchito da balconi con mensole di pietra scolpite con motivi geometrici, floreali e animali. Allo spigolo di via Nunziata Sulmona è inserita una protome di testa umana.

 

ACCINNI (ingresso principale al civico 84 di corso Garibaldi)

Il palazzo, di proprietà di Ignazio Accinni, fu ereditato dalla figlia Maria la quale, con testamento olografo del 15 dicembre 1927, dispose che, dopo la sua morte, fosse diviso in parti uguali tra i sette figli nati dal matrimonio con l'agricoltore Pellegrino Trifiletti di Foggia. La proprietà dell'edificio, in seguito alla rinunzia degli altri eredi, fu assegnata ad Erminio, Ida, Mario ed Alberto Trifiletti i quali,dopo pochi anni, alienarono le loro quote.

L'immobile, che ha la facciata principale prospiciente corso Garibaldi, è composto da due piani fuori terra, che diventano tre nella parte che si affaccia su via Nunziata Sulmona. Questa strada prese tale denominazione ufficiale nel 1811, dalla presenza del palazzo di proprietà della cappella della Santissima Annunziata di Sulmona.

 

BELVEDERE (ingresso al civico 103 di via Arpi)

Realizzato nella prima metà del secolo XVI, fu la dimora dell'antica e nobile famiglia Belvedere, in origine Beauvoir, venuta dalla Provenza nel Regno di Napoli con i fratelli Simone, Tommaso e Riccardo al seguito di Carlo I d'Angiò. Il primo a trasferirsi a Foggia fu Migliorello che aveva sposato la nobile Domitella Tarsia. Il fabbricato ha subìto notevoli trasformazioni che ne hanno alterato le caratteristiche originarie. L'unica parte rimasta intatta è la scalinata che, attraverso due rampe, conduce al piano superiore e al terrazzino. Quest'ultimo è delimitato da una balaustra composta da tre pilastrini a base rettangolare sui quali, ad eccezione di quello centrale, è scolpito lo stemma della famiglia Belvedere, rappresentato da tre mezze lune rivolte all'insù con una fascia rossa nel mezzo; tutto in un campo d'oro. Nel loro palazzo i Belvedere ospitarono nel 1631, per tre giorni, Maria d'Austria divenuta regina di Spagna in seguito al matrimonio con l'imperatore Ferdinando III. Dopo il terremoto del 1731, in questo stabile trovò collocazione la Dogana di Foggia.

 

BRANCIA (ingresso al civico 3 di piazza De Sanctis)

Il palazzo che si erge di fronte all'ingresso principale della cattedrale, fu costruito su un suolo di proprietà del Capitolo di Foggia, nella prima metà del secolo XVI, per la dimora del feudatario Antonio Brancia. Lo stabile, che in seguito ad un atto di transazione era stato assegnato in proprietà alla casa teatina dei Santi Apostoli di Napoli, fu alienato successivamente al barone Filippo Farina. Questi, oltre all'attività mercantile di lane e di tele, possedeva un grande allevamento di bestiame impiegato nella coltivazione di terreni di proprietà regia. Il palazzo, reso inabitabile dal terremoto del 1731, fu subito ristrutturato dal barone Farina, il quale due anni dopo riscattò dal Capitolo di Foggia i censi enfiteutici che gravavano sull'immobile. A lui si deve la soprelevazione del terzo piano fuori terra. L'angolo a sinistra del fabbricato è riccamente decorato da tre colonnine costituite dal fusto (altezza in relazione al piano corrispondente) visibile per tre quarti e dal capitello sporgente visibile su due lati. I fusti risultano del tipo toscano, stranamente senza basamento, scolpiti direttamente nei conci strutturali dell'angolo stesso. I capitelli, di tipo composito, (presenza di più elementi stilistici) sono scolpiti ad altorilievo in un unico blocco e giustapposti. Nella chiave di volta del portone d'ingresso era scolpito lo stemma dei Brancia, che è stato cancellato a colpi di scure.

 

DE MAIO (ingresso al civico 90 di via Arpi)

Fu costruito dopo il 1545, anno in cui il nobile Cesare de Maio, già proprietario di una casa palazziata, acquistò dal Capitolo di Foggia i ruderi di due botteghe, con l'intento di creare un unico corpo di fabbrica. L'edificio fu alienato poi nel 1696 al reverendo Giuseppe De Vita di San Marco in Lamis, il quale soprelevò il terzo piano fuori terra arricchendolo di un bel loggiato. A ricordo della sua realizzazione fece incidere sul cornicione la seguente iscrizione, ancora oggi leggibile: UT VIDEAT ET VIDEATUR D. JOSEPH DE VITA A S. MARCO IN LAMIS OPUS HOC BONUM EREXIT A.D. MDLCXVIII. Il palazzo, acquistato dalla famiglia Vigilante di Lucera, fu poi alienato all'avvocato Vincenzo Celentano. L'immobile, fra i più interessanti del centro antico di Foggia, si distingue per la linea architettonica e soprattutto per gli elementi decorativi che abbelliscono la sua facciata prospiciente via Arpi. Il portale è delimitato da due lesene scanalate a concavo e terminanti con capitelli ionici che sostengono un cornicione modanato con al centro il balcone. La eccellente resa plastica dei particolari ornamentali risalta con limpidezza soprattutto nelle lesene scanalate e fregiate da capitelli corinzi. Il balcone d'angolo con vico Peschi ha una cornice in pietra ornata da motivi a treccia. L'architrave - arricchito da motivi floreali a rilievo con sovrastante timpano curvo - è sormontato da uno stemma in pietra a dentello.

 

MARZANO (ingresso al civico 49 di piazza Mercato)

In via Arpi si erge il palazzo più antico di Foggia, quello della famiglia Marzano, dei duchi di Sessa. Lo stabile fu costruito per Simonetto Marzano sul suolo ove sin dal 1407 sorgeva l'omonimo palazzo Marzano, come si rileva in un documento di pari data. Il suo proprietario fece incidere sulla facciata prospiciente via Arpi la seguente iscrizione: SIMONETTUS MARZANUS HANC CONSPICUAM PATRIAE, SIBI SUISQUE, AMICIS OMNIBUS A FUNDAMENTA EREXIT. L'immobile per successione ereditaria passò alla famiglia Tafuri, alla quale si deve la soprelevazione, sia pure incompleta, del terzo piano fuori terra. Originariamente si accedeva al palazzo dal civico 80 di via Arpi, attraverso un ampio portale in pietra con la rispondenza nel cortile, trasformato prima del 1814 in un locale per attività commerciali. Le finestre su via Arpi furono allungate in balconi nella prima metà del sec. XIX.

 

ANTONELLIS (ingresso al civico 6 di via San Giuseppe)

Il palazzo fu costruito per il commerciante Francesco Antonellis di Rutigliano dopo il terremoto del 1731 nel luogo detto orto di Matanuso, su un suolo di proprietà del Capitolo di Foggia. L'edificio, originariamente a due piani fuori terra, fu alienato ad Angelo Barone, commerciante di lana all'ingrosso, con atto stipulato il 6 novembre 1810 dal notaio Amanzio della Martora di Foggia.

 

DE NISI (ingresso al civico 160 di corso Vittorio Emanuele II)

Il palazzo fu costruito alla fine del secolo XVIII nel luogo detto Rua dello Sacco. Primo proprietario fu Antonio de Nisi, il quale partecipò con l'incarico di scrivano alla reintegra del tratturo Ponte di Canosa - Ponte di Civitate, disposta nel 1601 dal presidente della Dogana di Foggia, Antonio Pietro Mastrilli. Le due facciate principali del fabbricato, prospicienti corso Vittorio Emanuele e Piazza Federico II, sono arricchite da numerose decorazioni fra cui spiccano originali testoni rappresentanti diversi personaggi, come la testa di un postiglione, un servitore arabo con turbante. Anche le finestre ed i balconi sono impreziositi da volute, testoni, teste umane e piccole figure grottesche. Donato per disposizione testamentaria al convento degli Agostiniani scalzi di Napoli, il palazzo fu in seguito acquistato dal commerciante Domenico Antonio Rosati, con atto stipulato il 7 gennaio 1720 dal notaio Gennaro Volpe di Napoli.

 

NICASTRO (ingresso al civico 5 di piazza Purgatorio)

Fu costruito nel 1762 dal cavaliere Nicastro di Lucera. La data è incisa sulla parasta del lato sinistro. L'edificio, acquistato da Michele Buongiorno, facoltoso agricoltore di Foggia, rimase di proprietà dei suoi eredi per circa un secolo, fino al 1976, anno della morte di Ersilia, sua ultima discendente. La facciata principale dello stabile, che si presenta non rettilinea ma spezzata in due parti angolate verso piazza Purgatorio, è costituita da due piani separati da marcapiano poco sporgente. Dal marcapiano fino alla cornice si stagliano cinque paraste (due coppie d'angolo ed una centrale) che non presentano particolari decorazioni; base e cimosa modeste e un capitello altrettanto semplice, mentre le parti relative al fregio ripetono, in sintesi, elementi dell'ordine dorico-romano (triglifi, metope, gocce, ecc.). Il portone d'accesso all'edificio è centrale, con robusti stipiti in pietra e architrave a tutto sesto con chiave sporgente a riccio. Sempre a piano terra, altri quattro ampi ingressi che risultano rimaneggiati in epoca recente; e due a sinistra che presentano caratteristiche identiche a quelle del portone principale. Al piano superiore sono presenti quattro porte-finestre e una finestra. Il balcone centrale al portone è di modeste dimensioni, di forma bombata e con decorosa inferriata. La finestra è molto ampia e con elemento epigrafico nella parte inferiore. Tutte le aperture sono accomunate dalla presenza di un imponente timpano fratturato costituito da salienti sinuosi ed elemento centrale a forma di grande conchiglia. Solo la finestra si diversifica per uno stemma al posto della conchiglia. Due grandi e sporgenti doccioni in pietra scolpita sono situati appena sotto la cornice.

 

BATTIPAGLIA (ingresso principale al civico 3 di piazza XX Settembre)

Fu realizzato, tra il 1744 e il 1750, per il commerciante Giovanni Battista Battipaglia, nativo di Nocera dei Pagani, il quale era titolare di una speziaria ed esercitava l'attività agricola. Alienato nei primi anni del secolo XIX al marchese Giovanni Antonio Filiasi, il quale lo abitava da alcuni decenni come inquilino, il fabbricato,recentemente acquistato dal Ministero per i beni culturali e ambientali, è sede dell'Archivio di Stato di Foggia. Lo stabile è arricchito dal portale a bugne sfaccettate a diamante sul quale sono incastonati tre mascheroni. Lorenzo e Giovanni Battista Filiasi ottennero il titolo di marchese in occasione del matrimonio regio celebrato il 25 giugno 1797 nella chiesa madre di Foggia.

 

Gennaro Arbore