La città del primo Novecento


 

La città di Foggia si affaccia al XX secolo con un'articolazione a zone, comprendente il nucleo antico, quartieri settecenteschi e la scacchiera ottocentesca. In sintesi, due città, la vecchia e la nuova, l'una vicina all'altra, la nuova quasi clonata dalla vecchia nel suo impianto strutturale; due città cresciute e sviluppatesi senza raccordo reciproco, quasi giustapposte tra loro.

Questa la Foggia che il regime fascista eredita: una città da riorganizzare con lo strumento dei Piani regolatori che, a partire dal 1926, assumeranno un ruolo determinante dell'architettura italiana. Foggia vedrà bandito il suo Concorso nazionale per il progetto di Piano regolatore e di ampliamento nel 1928.

Il concorso poneva come obiettivi principali il collegamento dei quartieri della città e il risanamento di quelli malsani. Terzo punto, ma non ultimo, la costruzione di edifici pubblici. Da un lato quindi decentramento urbano e bonifica, dall'altro la costruzione di una grande città: la Grande Foggia.

Imponenti edifici pubblici, l'acqua usata come arredo urbano, bonifiche urbane e rurali, edilizia sovvenzionata di vario e diverso livello (a seconda dei ceti a cui era destinata) costituiranno i pilastri della Foggia del Ventennio, di cui cercheremo di tracciare un itinerario.

La nostra passeggiata comincia da via Capozzi dove, costruita su progetto di Concezio Petrucci e in sostituzione dell'antica chiesa di Sant'Angelo, sorge la chiesa di San Michele, la cui facciata è caratterizzata dalla presenza di bassorilievi, disposti a scacchiera, riproducenti l'Arcangelo e i cori angelici.

Proseguendo, all'incrocio con corso Garibaldi, troviamo - nel sito anticamente detto Pozzo del Re - l'Istituto delle Marcelline, educandato femminile costruito su progetto dell'ing. Russo, col contributo del Comune che, nel 1930, per evitare la chiusura dell'Istituto, cedette all'Ordine suolo e locali propri.

Cento metri più avanti l'edificio sicuramente più rappresentativo del regime, il Municipio (allora Palazzo del Podestà), opera del Brasini, la cui costruzione, che pur era collegata ad un piano di risanamento del quartiere Sant'Angelo (l'antico pittagium Sancti Angeli), di fatto comportò la distruzione della omonima chiesa, una delle più antiche della città. Il palazzo, con la sua forma a M, la sua struttura poderosa, le sue arcate magniloquenti, la torre campanaria quadrata che si erge oltre il campanile del Duomo, le due gradinate esterne che conducono all'arengario, costituisce una delle opere più vicine ai caratteri dell'architettura fascista e, soprattutto, più rispondenti alle esigenze di rappresentatività del Regime. Il palazzo, dal Quaroni paragonato alla Torre di Babele, fu inaugurato nel 1934. Interessanti i due bassorilievi dello scultore modenese Ermenegildo Luppi, coperti da mattoni nel dopoguerra perché inneggianti al Duce e tornati alla luce solo nel 1982.

Stilisticamente più autonomo l'adiacente Palazzo Prefettura (ex Palazzo del Governo), il cui progetto, curato dall'architetto Cesare Bazzani e approvato nel 1932, si distacca dallo stile ufficiale per il suo moderato modernismo, l'effetto scenografico creato dalle sue decorazioni (vedi stemma in bronzo sovrastante il portale centrale e teste scultoree sulla facciata principale) e per il tentativo di fusione stilistica con alcuni degli edifici circostanti.

Abbandonando l'asse di Corso Garibaldi e ripiegando verso la città vecchia, incontriamo in Piazza del Lago la fontana a tripode marmoreo trilobato (detta delle Tre Fiammelle), opera di Pietro Lombardi, realizzata nel 1928. Più avanti la fontana-pozzo di piazza Federico II, inaugurata il 28 ottobre del 1929 e costruita in ricordo dell'antico Pozzo Rotondo. La fontana, in piperno e travertino, è opera di Adolfo Marini.

Sempre nel centro storico, nella omonima piazza retrostante via Arpi, troviamo il mercato coperto e al minuto, voluto dall'Amministrazione fascista per motivi di igiene. Oggi in stato di grave degrado, è caratterizzato dalla presenza di tre grandi tettoie in ferro e cristallo, a cui si accede da brevi gradinate in pietra di Trani, la prima delle quali era fiancheggiata da due eleganti fontanine simboliche, opera di A. Bassi, oggi depositate all'ingresso del boschetto della Villa comunale.

E, rimanendo in tema di fontane, eccoci di nuovo in Piazza XX Settembre dove, di fronte a Palazzo Dogana, inserite in un lungo muretto alto m 1,50, costruito su progetto di Cesare Brunetti (che curò la risistemazione dell'intera piazza), ci sono due fontane simboliche dette virgiliane, perché riportano scolpiti, al di sopra dei simboli dell'agricoltura (grano, vite, olivo), i motti virgiliani: "Lympha quae facit laeta segetes" e "Divina gloria ruris".

Il nostro itinerario prosegue percorrendo Via Dante, sorta in luogo dello scomparso Rione degli Scopari o di Sant'Antonio (di cui rimane traccia nell'Arco Galiano e in via Le Granate). Di lì, attraversando i quartieri settecenteschi, giungiamo a Corso Matteotti, in prossimità della Palestra Femminile, completata nel 1930, assieme a quella maschile (Via Galliani) e all'ex sede Provinciale dell'Opera Nazionale Balilla (Via Ammiraglio da Zara). Caratteri comuni ai tre edifici le linee massicce e squadrate, un po' ingentilite nella facciata della palestra femminile, per esprimere "l'autorità della scuola e l'elasticità della casa sportiva".

Qualche passo ancora ed eccoci su Corso Giannone, sul cui sfondo possiamo ammirare la facciata neoclassica dell'Istituto Maria Grazia Barone, opera di Stefano Soro. L'edificio, progettato da Carlo Celentani Ungaro, assieme al palazzo dell'Acquedotto Pugliese (in Piazza Cavour) e al Banco di Napoli (su Corso Vittorio Emanuele) costituisce una delle costruzioni più belle dell'epoca.

L'itinerario prosegue in direzione di Corso Roma , al quale si giunge attraversando la piazza più marcatamente fascista della città.

Il Palazzo degli Studi (M. Piacentini), il Consorzio di Bonifica (C. Petrucci), il Palazzo delle Statue-Istituto Case Popolari (A. Foschini), il Monumento ai Caduti (A. Cataldi), la Caserma Miale (costruita tra il 1870 e il 1880 e dedicata a Miale da Troia, conosciuto anche come Ettore de Pazzis, uno dei tredici partecipanti alla disfida di Barletta), e poco più lontano il Deposito dei Cavalli Stalloni (con il portale del Piacentini) e le già citate palestre convergono infatti tutti sull'attuale Piazzale Italia, luogo di ritrovo dei giovani foggiani.

Di particolare interesse il Palazzo degli Studi che, ispirato alla massima semplicità di linee, trae il suo maggior effetto dal movimento dei corpi di fabbrica e dal verticalismo degli elementi della facciata principale. Estraneo al discorso della "Grande Foggia", perché costruito successivamente (1939), ma di sicuro stile fascista con il suo scenografico bassorilievo angolare sottostante l'arengario, il Palazzo del Consorzio di Bonifica, assieme al vicino Palazzo delle Statue (primo lotto dell'Istituto Case Popolari) chiude quello che un tempo era il Parco della Rimembranza (poi piazza 28 Ottobre) al centro del quale nel 1959 viene collocato il Monumento ai Caduti del Cataldi, originariamente eretto in Piazza Lanza e qui trasferito in conseguenza della costruzione del Parco Giordaniano.

Il monumento, costituito da una grande vasca marmorea a pianta quadrata animata da sculture in bronzo di accento naturalistico e classicheggiante, era in origine una fontana, tesa, come quella della vicina Piazza Cavour (e come le molte altre che compaiono in città in questo periodo), a celebrare l'evento della costruzione dell'Acquedotto Pugliese e a utilizzare l'acqua zampillante come simbolo del raggiunto benessere grazie alla positiva opera di bonifica del regime. È del 1924 invece la Fontana di Piazza Cavour, il cui primo getto fu dato in occasione dell'inaugurazione del tronco cittadino dell'Acquedotto Pugliese, il 21 marzo 1924, con una manifestazione civile e religiosa che fu riprodotta sulla copertina della Domenica del Corriere da Achille Beltrame.

Siamo così giunti nel cuore della città nuova, che ben poco conserva dei bei palazzi ottocenteschi che ornavano la piazza pentagonale, ad eccezione dell'ex palazzo del Tribunale (già Liceo "V. Lanza") e oggi sede dell'Università degli Studi. La sistemazione della piazza fu oggetto di molte polemiche per l'ipotizzata Galleria e per la costruzione del Palazzo degli Uffici Statali, sorto su progetto dell'architetto Carlo Vannini nel luogo ove erano l'Orfanotrofio "Maria Cristina di Savoia" e la chiesa di Santa Maria della Croce, la cui ricostruzione fu prevista in prossimità della Stazione ferroviaria per dotare il quartiere di una chiesa.

Nelle vicinanze, su via Conte Appiano i tre palazzi INCIS, esempio di una edilizia sovvenzionata rivolta ai ceti medi, e sul Viale XXIV Maggio il Palazzo delle Poste, in stile neo-decorativo e vagamente liberty. Da notare le statue collocate nelle due nicchie in alto, rappresentanti Iride e Mercurio, secondo una tendenza del regime a caratterizzare gli edifici con gruppi scultorei che ne definissero la funzione.

Non di minore importanza, ma fuori dal nostro percorso, la bella Cappella Ossario del Cimitero, nota soprattutto per la Deposizione di E. Luppi, di stile donatelliano, e per gli effetti plastici e cromatici creati dall'alternarsi di marmo giallo di Siena, bianco statuario, nero di Como e dalla pietra di Trani chiara e scura.

Da ultimo si suggerisce la visita alle borgate rurali dell'Incoronata e di Segezia, (quest'ultima costruita su progetto di Concezio Petrucci), raro esempio di integrazione tra cultura di Stato e cultura regionale.

 

Daniela Mammana