Due illustri
compositori foggiani

 

Enrico Radesca di Foggia: così amava firmarsi un musicista vissuto a cavallo tra il XV e il XVI secolo che, seguendo lo stile dell'epoca, si fregiava del nome della città natale e, talvolta, anche dell'articolo (Il Radesca di Foggia cittadino di Torino). Ma ciò veniva fatto con maggior ostentazione allorché tale luogo originario (Foggia, in questo caso) poteva dar lustro al cognome dell'artista. Una risonanza che proveniva dalla fama musicale che la Puglia ed anche Foggia avevano sparso nella prima metà del XVI secolo.

Di Enrico Radesca non si conosce la data di nascita; si conosce la data della morte (1635), avvenuta a Torino, dove trascorse gli ultimi decenni della sua vita. Si sa che fu arruolato con la Repubblica di Venezia e combattè in Dalmazia. Nel 1597 si stabilì a Torino, ove fu, per molti anni, organista del Duomo e poi maestro di cappella alla corte del principe Amedeo di Savoia ed infine maestro di cappella presso Carlo Emanuele I di Savoia.

Il Radesca ebbe grande notorietà come autore di musica profana (si usava dire "cantare alla Radesca"), tanto da spingere il Banchieri ad inserire, nella seconda edizione della Barca di Venetia per Padova, la parodia di un'Aria a' imitatione del Radesca alla Piemontese. I suoi mottetti e madrigali furono stampati e riprodotti in migliaia di copie. Ma anche la musica sacra attirò il suo interesse: compose, tra l'altro, L'Armoniosa Corona di concerti a due voci, Mottetti e salmi a falsi bordoni, Messe e Mottetti a otto voci e due cori con la partitura per l'organo.

Queste composizioni fanno parte di quel mondo e di quell'epoca di tormentato trapasso che, se in Monteverdi, Gesualdo da Venosa ed altri ha avuto i suoi maggiori fiori, non per questo non serba guizzi geniali di insospettate originalità lessicali e formali che nel Banchieri e nel Radesca trovarono inconfondibile espressione.

 

Umberto Giordano nacque a Foggia il 28 agosto del 1867 da Ludovico, che esercitava la professione di farmacista, e da Sabata Scognamillo di Napoli, in via della Pescheria, dove era posto un portale d'ingresso della reggia di Federico II. Il giovane Umberto (a cui erano stati imposti anche i nomi di Menotti e Maria, in omaggio al figlio dell'Eroe dei due mondi e alla Madonna dei Sette Veli) compì i suoi primi studi musicali con il maestro siciliano Giuseppe Signorelli. All'età di 14 anni partecipò al concorso promosso dal Reale Collegio di Musica di San Pietro a Maiella in Napoli e fu ammesso a frequentare i corsi di contrappunto, organo, pianoforte e violino con i maestri Serrao, Bossi, Martucci e Freni.

Nel 1888 con l'opera Marina partecipò al concorso Sonzogno e gli fu commissionata, sempre da Sonzogno, un'opera, Mala vita, che fu rappresentata al Teatro Argentina di Roma nel 1892 con notevole successo; analogo favore l'opera incontrò a Vienna e a Parigi.

Nel 1896, con la prima esecuzione di Andea Chénier (28 marzo, Teatro alla Scala di Milano), Giordano si rivelò tra i massimi operisti europei e tale si confermò, due anni dopo, con Fedora.

Altri successi Giordano mietè con Siberia e con Marcella, rappresentate per la prima volta a Milano, con Mese Mariano ("prima" al Massimo di Palermo), e con Madame Sans-Gène, ("prima" al Metropolitan di New York, con la direzione di Arturo Toscanini, nel 1924); e fu sempre Toscanini a dirigere nel 1925, a Milano, la prima esecuzione della Cena delle Beffe, su libretto di Sem Benelli, e nel 1929, quella de Il Re.

Basterebbe questa fugace elencazione di opere per mostrare la grandezza di questo nostro concittadino che, con Cilea, Mascagni, Puccini e Leoncavallo, fu protagonista di rilievo della cosiddetta "Nuova Scuola italiana" post-verdiana, che inaugurò quel periodo che in letteratura e in musica fu battezzato Verismo.

La trilogia di Chénier, Fedora e Siberia ha conservato, nel tempo, la sua capacità di presa sugli amanti della musica e assicura ad Umberto Giordano un posto sicuro, ad un secolo dalle loro performance, nel Gotha della lirica di ogni tempo.

 

Gaetano Matrella