Sulla Dogana

della Mena delle pecore

 

 

Fin da epoca remota la transumanza ha costituito nella pianura pugliese - come nel restante bacino del Mediterraneo - uno dei più tradizionali sistemi di sfruttamento della terra.

Dopo le testimonianze di età romana, lo svernare delle greggi del Tavoliere è nuovamente attestato dalla prima età normanna. Allora furono, tra l'altro, emanate le disposizioni che riprese e mitigate da Federico II, costituirono il fondamento del rifiorire dell'attività nel Mezzogiorno.

Anche la dinastia angioina riservò particolare attenzione alla transumanza, oggetto nel 1429 di uno statuto con il quale Giovanna II riorganizzava quella che già allora era la Dogana delle pecore di Puglia, la struttura delegata a sovrintendere, per conto della Corona, i complessi interessi economici e sociali legati alla pastorizia transumante.

In continuità con la tradizione angioina e forte dell'esperienza della propria terra d'origine, con il privilegio del 1° agosto 1447 Alfonso I d'Aragona mentre nominava il catalano Francisco Montluber nuovo doganiere, garantiva, nel contempo, la libera circolazione del bestiame tra le province abruzzesi e quelle pugliesi di Capitanata e Terra di Bari e la difesa degli allevatori dalle molestie e dai soprusi dei baroni e delle comunità delle quali avrebbero attraversato i territori.

La struttura affidata al Montluber utilizzò per il pascolo del bestiame le vaste proprietà possededute dalla Corona nel Tavoliere e altri territori appartenenti a feudatari, enti ecclesiastici o comunità locali. Tali possedimenti costituirono le cosiddette locazioni che, suddivise in appezzamenti più o meno estesi (le poste), erano assegnate ai proprietari degli armenti (i locati) tenendo conto della quantità e qualità degli erbaggi e, naturalmente, del numero di capi di ciascun proprietario.

Non si deve, tuttavia, ritenere che il Tavoliere fosse interamente riservato al pascolo. Il sovrano aragonese non aveva interesse alcuno a distruggere la produzione cerealicola di una provincia ben nota per la sua feracità. Anche le aree destinate alla coltura, normalmente dette terre di portata, ricadevano, però, sotto la giurisdizione doganale e nei periodi di riposo venivano utilizzate per il pascolo delle greggi dei locati.

I collegamenti tra l'Appennino centro-meridionale e la Puglia erano, invece, assicurati dai tratturi, i larghi percorsi erbosi (fino a 111 metri) percorrendo i quali gli armenti guidati dai locati o, più spesso, dai loro subalterni, raggiungevano i confini del Tavoliere in autunno inoltrato. Sostavano, quindi, nei riposi in attesa che il "credenziere" sovrintendesse alla numerazione dei capi e alla distribuzione dei pascoli delle diverse locazioni. Il prezzo degli erbaggi (la fida) i locati l'avrebbero pagato nella primavera successiva, dopo aver venduto i loro prodotti nel corso della fiera della lana che si svolgeva a Foggia al termine dell'anno doganale.

Sede della Dogana fin dal 1468, Foggia non fungeva soltanto da nodo commerciale dei prodotti della transumanza. Tra i privilegi concessi ai locati fin dal costituirsi della struttura doganale esisteva, infatti, la possibilità di adire un foro privilegiato, ossia un tribunale speciale retto da giudici regi. Ad esso potevano rivolgersi quanti a vario titolo utilizzavano le terre soggette alla Dogana o ne commerciavano i prodotti, per tutte le controversie civili e penali che li interessavano, con la garanzia di giudizi più rapidi e meno dispendiosi di quelli delle corti ordinarie e, soprattutto, liberi da intromissioni feudali.

Collaboravano con il doganiere (poi governatore doganale) una serie di ufficiali. Di essi l'auditore aveva competenze squisitamente giurisdizionali; il credenziere curava gli aspetti amministrativi; il percettore e il libro maggiore erano incaricati delle riscossioni e delle registrazioni contabili. Tra gli ufficiali minori, oltre al mastrodatti o segretario e all'archiviario vanno ricordati i cavallari e i compassatori (poi agrimensori). I primi vigilavano sulla vita dei locati soprattutto durante gli spostamenti e durante la permanenza nel Tavoliere. Ai secondi spettava, invece, la verifica dei territori delle poste e dei tracciati dei tratturi, sempre minacciati dalle usurpazioni degli operatori agricoli.

Gli interessi contrapposti dell'allevamento e della cerealicoltura e dei rispettivi mercati alimentarono continue controversie nel Tavoliere. La difficile convivenza non doveva tuttavia sopravvivere all'ampliamento settecentesco del mercato granario del Regno. Dopo la carestia che sconvolse il Regno di Napoli nell'inverno tra il 1763 e il 1764 si accese, infatti, una polemica che coinvolse importanti esponenti dell'Illuminismo meridionale e che preparò l'abolizione dell'istituto doganale, avvenuta nel 1806 con la legge emanata da Giuseppe Napoleone il 21 maggio.

Da quel momento le terre già amministrate della Dogana furono per lo più concesse in enfiteusi (censuazione) agli antichi affittuari finché, con la legge del 26 febbraio 1865, il Parlamento italiano non decise di vendergliele.

 

Maria Nardella