ASPETTI DI ARCHEOLOGIA

DEL TERRITORIO SIPONTINO

 

1. La grande laguna.

 

Il tratto di costa settentrionale della Puglia compreso a nord dal promontorio garganico e a sud dal corso del Cervaro che chiamiamo Piana di Siponto oggi rappresenta un prezioso campione della ricchezza e complessità dei fenomeni insediativi della provincia di Foggia, offrendo insieme un esempio molto concreto delle varie forme di occupazione che interessarono la laguna a seconda dei mutamenti geologici e climatici inquadrabili nei diversi periodi storici.

La grande laguna che caratterizzava in antico questo territorio è una ragione primaria della sua frequentazione: i villaggi neolitici erano vicini all'acqua presso la foce del Candelaro, di certo impegnati in attività di sfruttamento delle risorse marine, come la raccolta dei molluschi; nell'età del Bronzo l'urbanizzazione del sito di Coppa Nevigata e il ritrovamento di ceramica di tipo miceneo provano l'esistenza di contatti e scambi per mare con le genti egee; più vicine nel tempo anche le immagini sulle stele daunie ci raccontano questo paesaggio lagunare ove si praticavano caccia, pesca e navigazione: questa è la laguna di cui parlano le fonti di epoca romana (Strab. VI,3,9), navigabile attraverso canali che collegavano fra loro i centri più importanti, Salapia, Siponto e Arpi, ma che certo in età tardorepubblicana doveva essere malsana se l'abitato di Salapia venne trasferito in un sito più prossimo alla costa (Monte Salpi) (Vitr., de arch. 1.4.12) e se Cicerone fa riferimento alla sipontina siccitas et Salapinorum pestilentiae fines (Cic., de lege agr. II, 27.71). Ed è al mare ancora che questo territorio lega la sua storia in età romana, quando Siponto era uno dei porti più importanti della Puglia (Strab. VI,3,9), e in tea tardoantica e altomedievale questo sbocco sul mare, l'unico rilevante della Puglia settentrionale, sarà una ragione degli scontri fra i Bizantini e il Ducato di Benevento. La Piana di Siponto fu dunque abitata sin dal Neolitico con villaggi prossimi alla laguna, uno dei quali, quello di Coppa Nevigata, continuo nella successiva età del Bronzo con un impianto urbano; nell'età del Ferro si occuparono le alture emergenti nella laguna e vicine alla costa; con la romanizzazione si fondò con la colonia di Siponto una città in un altro sito, più a nord, e vicina al Gargano; la conclusione di questo articolato fenomeno si può ritenere Manfredonia, quasi la tappa finale, nata in epoca sveva poco lontana dall'abitato precedente, Siponto.

 

2. Il neolitico.

 

È noto che nel Neolitico il Tavoliere fu interessato da un grosso processo insediativo testimoniato da migliaia di villaggi individuati attraverso l'aereofotografia e, in alcuni casi, verificati con ricognizioni sul terreno o indagati con scavi sistematici. L'area prossima alla foce del Candelaro oggi è certo fra quelle meglio conosciute sotto questo profilo, grazie alle ricerche che da anni vi conduce l'Università di Roma: i villaggi trincerati (fra i quali ricordiamo Monte Aquilone, Masseria Candelaro, Coppa Nevigata, Santa Tecchia, Masseria Valente, Masseria Fontanarosa) erano ai margini delle aree emerse ad una distanza modulare di due chilometri con economia agricola e forse vicini all'acqua per forme di approvvigionamento a scopo irriguo, ma certamente per la raccolta dei molluschi: prova ne sono sin dalla meta degli anni '50 i ritrovamenti di una particolare industria litica con puntine ritoccate utilizzate per l'apertura di gusci di cardium trovati in abbondanza in quel sito.

 

Ma il neolitico del territorio sipontino è legato anche alle singolari testimonianze di culto restituite dai rinvenimenti di Grotta Scaloria, presso il centro urbano di Manfredonia. Le esplorazioni compiute nel 1967 nella parte più profonda della cavità, della quale si conosceva dagli anni '30 solo l'ambiente superiore, consentirono di riconoscere un luogo di culto delle acque; una vaschetta rettangolare tagliata nella roccia e dei vasi dipinti a bande rosse, dello stile detto 'Scaloria Bassa', posti su stalagmiti troncate, avevano la funzione di raccogliere le acque di stillicidio dalla volta, e un focolare con ossa animali semicombuste potrebbe provare lo svolgersi di pasti rituali. Se la parte bassa della grotta ebbe solo destinazione cultuale e solo nel Neolitico Superiore, l'ambiente superiore fu frequentato dal Paleolitico e fu finalizzato come necropoli contemporaneamente alla destinazione cultuale della parte bassa: infatti, scavi recenti compiuti nel 1978-1979 nel 'camerone Quagliati', cioè nell'ambiente ove Quagliati aveva rinvenuto vasi dipinti nello stile detto 'Scaloria Alta', hanno portato alla luce una sepoltura plurima di circa venti individui, bambini, donne e anziani, forse morti a causa di una epidemia.

 

3. L'eta del Bronzo.

 

La continuità di occupazione dell'area prossima alla foce del Candelaro in età eneolitica è stata provata da recenti ricognizioni topografiche, ma al momento attuale la maggiore evidenza archeologica e rappresentata per l'età del Bronzo da Coppa Nevigata, centro di estrema importanza la cui conoscenza risale agli inizi di questo secolo. La già ricordata posizione del sito, prossimo alla laguna, favoriva la provata attività di scambio, ma la presenza di un grande muro documenta anche la necessità di difendersi durante l'antica età del Bronzo; lo stesso muro venne poi abbattuto agli inizi del Bronzo Medio, l'abitato livellato e ampliato con un impianto ortogonale analogamente ai centri egei e nello stesso momento sono attestate ceramiche di produzione micenea e di imitazione. Un altro sito era abitato durante l'età del Bronzo, non lontano da quello di Coppa Nevigata, presso Masseria Cupola, ove e stato recentemente indagato un fondo di capanna con materiale ceramico attribuito al Bronzo Antico, Medio e Recente, segno delle complesse forme di occupazione di quest'area e della necessità di procedere ad una lettura dei fenomeni in senso diacronico e sincronico, considerando le loro articolazioni per i periodi successivi. Sola testimonianza, che andrebbe pero ulteriormente verificata, di una continuità di frequentazione di Coppa Nevigata dopo l'età del Bronzo, così come accade nell'area della Cupola, è un vaso in pietra quarzitica con iscrizione che ne ha consentito la datazione agli inizi del VI secolo a. C. e che tra l'altro attesterebbe anche l'esistenza di rapporti con il mondo egizio durante l'età del Ferro.

 

4. Le stele daunie.

 

All'abbandono di Coppa Nevigata fanno seguito nuove forme insediative occupando le alture emergenti prossime alla costa. La documentazione archeologica più rilevante proviene dalla zona presso Masseria Cupola, sì da suggerire di riconoscere in questo insediamento quello preromano di Siponto, anche per la mancanza sino ad oggi di testimonianze dell'età del Ferro nella zona della città romana; in realtà l'occupazione di queste aree dovette essere molto articolata, come peraltro provano ritrovamenti anche in altre zone prossime alla Cupola (Beccarini, Roncone). L'area di masseria Cupola, essendo stata più volte oggetto di scavi sistematici, se ci impedisce di avere una visione più ampia della distribuzione dei siti delle laguna nell'età del Ferro e dei rapporti degli insediamenti fra loro, offre uno spaccato abbastanza chiaro degli aspetti culturali di questi stessi insediamenti, consentendoci di cogliere le affinità e le differenze esistenti fra questo centro lagunare, che chiamiamo convenzionalmente Cupola o Cupola-Beccarini, e gli altri abitati della Daunia preromana. All'età del Bronzo Finale si riferisce l'interessante corredo di una tomba a fossa terragna scavata nel 1971, composto da una fibula ad arco a gomito e occhiello, un bracciale a fascia laminare costolata e un torques, tutti in bronzo. Poco conosciamo dell'organizzazione di quest'area nell'età del Ferro, ma è significativa l'esplorazione effettuata nel 1974 di un fondo di capanna, datato nella seconda meta del VI secolo a. C., a pianta pentagonale, con pali perimetrali e un grande palo centrale preceduta da un portico sghembo, al cui interno, forse a causa di un incendio, fu successivamente ricavata un'altra capanna più piccola a pianta circolare. Più ricca la documentazione relativa alla sfera funeraria: le tombe erano a fossa con lastrone di copertura, in alcuni casi, però, con le pareti contenute da muretti a secco e coperte da cumuli di pietre. Fra queste ricordiamo una sepoltura che conteneva fra gli oggetti di corredo vasi di bronzo e ornamenti in argento e oro che rivela in modo eclatante, per la presenza e il pregio dei materiali di importazione, il grado di acculturazione e il potere economico della società di questo insediamento nel VII secolo a. C., la stessa che esprimeva precisi contenuti attraverso le stele daunie. Ed è proprio a questi eccezionali documenti della protostoria italiana, appunto le stele, che la zona della Cupola lega il suo interesse e la sua notorietà, dal momento che, per la maggior parte, queste provengono da questo sito (l'altra area di grande concentrazione e quella di Salapia, mentre notevolmente più scarsi sono i reperti rinvenuti a Arpi, Ordona, Ascalo, Tiati) e tutte, con qualche rara eccezione, sono frutto di ritrovamenti di superficie essendo venute alla luce durante lavori agricoli o, molto spesso, reimpiegate in edifici rurali. Le stele della piana sipontina, collocate cronologicamente nei secoli VII e VI a. C., rappresentano il maggior documento della civiltà daunia, la più alta espressione della cultura dei centri di questa laguna in epoca preromana e, in un quadro storico-archeologico estremamente lacunoso e muto sotto il profilo letterario, offrono numerose possibilità di procedere ad una lettura dei vari aspetti di queste comunità. A causa della mancanza di ritrovamenti in contesti chiari (i frammenti di stele rinvenuti al di sopra di alcune sepolture nel corso degli scavi 1966-1967 furono riferiti già al momento di 'sconsacrazione' che ne avrebbe causato il riutilizzo) e ancora incerta l'interpretazione di un loro probabile utilizzo come sema tombale, segnacoli infissi sulle sepolture. In tal caso gli schemi iconografici adottati, della veste raffigurata sui due lati della lastra calcarea con notazioni ricche di particolari, si riferirebbero al defunto, uomo con kardiophilax, spada e scudo, donna con collane, fibule, pendagli, cintura. Il campo della. lastra libero all'interno di questi schemi veniva variamente campito con scene di diverso contenuto: di vita quotidiana (molitura del grano, filatura, caccia, pesca) e di combattimenti. Un posto particolare spetta, anche per l'estrema difficoltà di lettura, ai soggetti legati al mondo funerario più facilmente comprensibili quando si risolvono in rappresentazioni di cortei, di esegesi più complessa invece, quando riproducono le immagini che popolavano le credenze religiose e la fantasia di quelle comunità. Come si e già avuto occasione di dire, il fenomeno insediativo di quest'area durante l'età del Ferro si estende oltre la Cupola: scavi compiuti agli inizi del secolo al Roncone, tra Cupola e Masseria Fontanarosa, portarono alla luce due sepolture ad enchytrismoi (oltre a tombe a fossa a ad una tomba romana) documentando l'uso, nel VII secolo a. C., attestato anche a Cupola, di seppellire gli infanti in contenitori ceramici.

 

5. Siponto romana.

 

A partire dal V secolo la documentazione archeologica relativa a tutta l'area considerata diventa notevolmente scarsa, ma questa affermazione deve essere necessariamente filtrata nel quadro di una ricerca mai intrapresa in modo sistematico. Dalla metà del IV secolo cominciano le prime informazioni letterarie, quale la fonte sull'arrivo di Alessandro il Molosso a Siponto, ma a questo periodo si riferiscono solo pochi corredi di Cupola alquanto poveri se confrontati con le testimonianze coeve di altri siti, nonché alcune tombe rinvenute molti anni fa in circostanze casuali, in località Macchia Libera, alle falde del Gargano, di cui una contenente un cratere a campana a figure rosse. Agli inizi del II secolo a. C. risale la deduzione della colonia romana di Siponto, atto punitivo nei confronti di Arpi, per il comportamento filocartaginese tenuto da questa città dopo la battaglia di Canne: la fonte letteraria oltre a questa importante informazione contiene anche la preziosa notizia dell'estensione del territorio della necropoli arpana alla fine del III secolo a. C. sino alla costa. Alla prima fondazione del 194 a. C., dopo la causale verifica del suo abbandono, fece seguito il ripopolamento della colonia nel 184 a. C. di certo nell'area oggi prossima alla Basilica di Santa Maria Maggiore di Siponto. Come tutte le colonie romane anche Siponto aveva finalità di difesa marittima: le mura, il cui percorso seguiva l'andamento del banco tufaceo prospiciente la laguna, comprendevano all'interno del loro tracciato a pianta trapezoidale una superficie alquanto ridotta. Erano a doppia cortina con emplecton interno, realizzate in opera quadrata con blocchi di tufo disposti a filari alternati di testa e di taglio, ed erano intervallate irregolarmente da torri quadrate. Esse ricevettero molti rifacimenti fra i quali e particolarmente significativo quello testimoniato dal ritrovamento di due blocchi, ora al Museo Nazionale di Manfredonia, con una iscrizione riferibile alla ricostruzione di torri o porte, forse successiva agli episodi bellici che interessano la città nel corso delle guerre civili. È certo comunque che alla fine del II secolo a. C. Siponto aveva un porto impor tante, dal momento che la fonte di questo passo straboniano (Strab. VI,3,9), Artemidoro di Efeso, ricorda le transazioni di cereali, e che un canale navigabile la collegava alla vicina Salapia (zona Lupara-Giardino). Per quanto riguarda l'organizzazione dell'area urbana, con probabilità, l'asse viario principale della città romana, il decumanus, va riconosciuto nel tracciato della statale 89, mentre l'area forense forse in futuro potrà essere messa in luce presso la Basilica di Santa Maria. Qui, nella zona adiacente la chiesa, scavi compiuti nel 1935 scoprirono i resti del complesso paleocristiano e di strutture più antiche (mura in opera) quadrata, in opera reticolata, un lembo di mosaico con tessere bianche e nere, identificate erroneamente con un tempio di Diana per il ritrovamento avvenuto nel 1876, all'interno di una cisterna in quella stessa area, di un'epigrafe con dediche alla divinità. Poche le emergenze murarie oggi in luce: inglobati nella Masseria Garzia si riconoscono i resti in opera reticolata dell'anfiteatro costruito con la stessa tecnica di imponenti strutture visibili in localita Mascherone; entrambe rientrano certamente in un medesimo intervento edilizio, ma nell'ultimo caso e tuttora incerta l'identificazione del complesso per il quale s'era proposto in passato di riconoscervi un ustrinum, poi una villa e, più di recente, un'area suburbana forse da mettere in relazione con le esigenze difensive della penisola di Mascherone. Testimonianze frammentarie nel territorio provano poi come esso abbia conosciuto in questo momento forme diverse di occupazione: sulla costa, nella baia di Calafico a Macchia, un rilievo raffigurante Eracle in un tempietto, scolpito nella roccia, testimonia l'esistenza di un culto legato all'eroe; così nell'area di Masseria Cupola esisteva un insediamento in età tardorepubblicana documentato da ritrovamenti recenti fra cui si segnala una pregevole statua femminile panneggiata, in marmo; infine, c'era un centro abitato presso Monte Aquilone, a Masseria Fontanarosa, ove durante i lavori per la costruzione del ponte della ferrovia Candelaro, nel 1895, furono portate alla luce strutture murarie pertinenti e sepolcri, mosaici e materiale che allora confluì nelle collezioni del Comune di Manfredonia. Poche le informazioni sia archeologiche sia letterarie su Siponto in età imperiale, fatta eccezione per qualche documento epigrafico come una base con dedica all'imperatore Antonino Pio da mettere in relazione con la ripresa dei centri dauni a seguito della sistemazione delle reti stradali attraverso il territorio a partire dall'età traianea; lo sbocco portuale di Siponto veniva collegato all'Appia Traiana, quindi ad Aecae-Troia, attraverso l'asse viario Arpi-Lucera.

 

6. Siponto tardoantica e altomedievale.

 

Alle informazioni letterarie sull'età tardoantica e altomedievale non corrisponde purtroppo un'adeguata e chiara documentazione archeologica e i significativi complessi ipogei, come quello monumentale di Capparelli, e i resti della basilica paleocristiana possono solo fornirci un'idea vaga della città in questo momento. Porto importante collegato a Salona e sede vescovile dalla metà del V secolo a. C., Siponto conobbe proprio fra i secoli IV e V d.C. il momento di maggiore splendore. A quel periodo risale il primo impianto della basilica paleocristiana ad una navata; forse alla metà del V secolo, con il vescovo Felice, furono aggiunte le navate laterali, la facciata fu abbattuta e prolungata e fu creato un atrio porticato. Ma e al vescovo Lorenzo che si attribuiscono edifici di culto, quale la basilica dedicata ai martiri Stefano e Agata

, e a lui ancora, nelle due redazioni della sua vita, risalirebbe la costruzione della chiesa di san Giovanni con decorazioni musive riproducenti le chiese di Siponto e del Gargano realizzate da maestranze di Costantinopoli inviate dall'imperatore Zenone. Da questo momento i dati archeologici diventano sempre più scarsi: teatro di scontri fra Bizantini e Longobardi fino al suo passaggio a questi ultimi, cui fece seguito la distruzione della città da parte di Costante II (Paolo Diacono IV, 44;46), la storia di questo centro sarà sempre più legata al suo rapporto con Benevento e con il Santuario di San Michele a Monte S. Angelo: a sintetizzare questi secoli ricchi di avvenimenti storici e di fenomeni artistici rimane oggi, come simbolo e sigillo insieme, la Basilica di Santa Maria.

 

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Da "IL GARGANO" (Storia-Arte-Natura), Edizioni del Golfo, Manfredonia, 1988