La residenza federiciana
Nella scelta dei luoghi per le residenze di Puglia e Basilicata emerge chiara la
predilezione dell'imperatore svevo per paesaggi lacustri e fluviali. La domus di Salapia e
i castelli di Gravina e di Lagopesole erano eretti in prossimità di un lago. Vicino ad un
lago, in pantano, era il parco e la residenza di S. Lorenzo. Ad una pescheria si
collegava, per altro, il palazzo di Foggia.18
Alla propensione per ambienti che si circondavano d'acqua non era certamente estraneo il
ricordo delle residenze siciliane dei suoi predecessori normanni che sin dall'inizio del
loro insediamento nell'isola avevano riutilizzato, ampliandole, le raffinate dimore
islamiche.
Dagli scritti di cronisti medievali emergono ammirate descrizioni delle regge palermitane.
Il castello della Favara (la Sorgente), luogo di delizie attribuito a Ruggero II, era
sorto probabilmente su un precedente impianto arabo. La Zisa (la Gloriosa) era una
costruzione splendente di mosaici con fontane e specchi d'acqua in cui era possibile
ammirare un albero d'oro guarnito di pietre preziose e uccelli meccanici, e la Cuba
edificata al centro di un laghetto artificiale e immersa in una profumata frescura.19
Nella illustrazione in quarta, si dà un'idea di ciò che avrebbe potuto essere l'impianto
edilizio foggiano. Esso ha forma quadrangolare, visto dall'alto con un'indicenza di
circa 40 gradi. La verticale indica dall'alto in basso la direttrice geografica Sud-Est
Nord-Ovest. Il muro porticato a destra è collocato vicino all'ultimo tratto di C.so
Vittorio Emanuele. La parte destra della parete di fondo é vicina all'imbocco di Via San
Domenico. Il muro porticato di sinistra occupa la linea di fabbricati che si affaccia
sull'antico Piano delle Fosse (Via della Repubblica), mentre quello turrito in primo piano
segue l'antica Via dei Mercanti. l'odierna Via Arpi.20
La descrizione suindicata indica la posizione della residenza ricavata dalle indagini di
studiosi che hanno operato dagli inizi dell'800 ai tempi nostri.
Riguardo ad essa, il Perifano si esprime in tal modo: "Il pozzo rotondo e tutta
quella estensione di fabbricato che sporge al Piano della Croce volgarmente chiamato, le
quattro corsee, erano comprese nel vasto palazzo Imperiale". 21
Sullo stesso argomento Ferdinando Villani, con un suo libro del 1894, informa:
"
che questi grandiosi edifici occupavano una considerevole estensione, cioè
dalla cosiddetta Corte, ora Comune, sino alla porta maggiore della chiesa matrice, come
leggasi del pari in Lucio Ferrara, Tom. 6, Moniales, art. VI n° 27".22
Tali notizie furono ricavate da scritti del 1861, inediti, dell'antenato Andrea Villani.
Stessa descrizione riporta Carlo Villani in una pubblicazione sulla storia di Foggia. 23
Benedetto Biagi è lo studioso di questo secolo che riassume più agevolmente le notizie
degli autori precedenti: "i dati Storici" egli dice e i documenti ci offrono,
non la probabilità, ma l'assoluta certezza che il palazzo imperiale occupava l' area
segnata da via Arpi, Piano delle Fosse, Via San Domenico, Piazza Federico II". 24 Lo stesso Biagi fa riferimento,
oltre all'area del palazzo, all'esistenza poco distante di un castello su una superficie
'amplissima' che si spingeva fino ai Teatro Giordano.
Ma già precedentemente il Perifano. come s'è detto. ed il Fraccacreta si erano
pronunciati attorno al palazzo di Federico II. Il primo autore, seppur implicitamente,
delinea due lati perpendicolari e adiacenti del recinto svevo: egli
congiunge idealmente il Pozzo Rotondo alla linea di fabbricati prospicienti il Piano della
Croce (Piano delle Fosse). I due allineamenti indicati convergono verso Porta Grande,
inquadrando già un settore dell'area presunta 25 Il
secondo autore indica più doviziosamente del primo Porta Grande o Arpana, il Pozzo
Rotondo, San Domenico e il Teatro Giordano.26
Dalle descrizioni del Biagi si ricava una planimetria di forma quadrangolare, abbastanza
estesa, con i lati di differenti misure (Fig. 7). Tale delimitazione comprendeva al suo
interno il "palatium" vero e proprio ed altri edifici accessori.27 Fuori dal perimetro del palazzo vi erano altre
costruzioni preposte al funzionamento dell'amministrazione sveva che, insieme alla reggia,
occupavano una superficie di considerevole estensione.28
La figura piana ricavata (Fig. 7) trova un sorprendente riscontro con le planimetrie di
due castelli pugliesi, di edificazione federiciana, costruiti nel terzo e nel quarto
decennio del XIII secolo: il castello di Brindisi ed il castello di Bari.29
In attesa di recarsi in Terrasanta Federico II fece costruire a Brindisi nel 1227 un
poderoso castello sulla sponda del seno di levante del porto. La costruzione fu eretta su
preesistenti fortificazioni sveve e su una chiesa dedicata a S. Maria dei Teutonici, i cui
materiali furono riutilizzati per la nuova fabbrica federiciana. A tal fine anche
l'anfiteatro romano subì massicce spoliazioni. Il castello è un'altissima piazzaforte
quadrangolare con saldi torrioni agli spigoli 30
(Fig. 8). Il castello di Bari, il cui nucleo più antico fu eretto durante la dominazione
di Roberto il Guiscardo (1071) su edifici anteriori, subì forti danni al tempo della
distruzione della città da parte di Guglielmo il Malo nel 1156. Successivamente, nel
1233, Federico II dette incarico a Guido del Vasto di restaurare ed ampliare quel
castello. La fortificazione assunse una forma quadrangolare rafforzata agli angoli da
robuste torri.31 (Fig. 9).
Il Fraccacreta, insieme ad altri punti, indica la Chiesa di S. Domenico
quale cardine sud dell'area federiciana. Se il perimetro della stessa chiesa era inteso
all'interno dell'area in questione, sarebbe possibile sviluppare una planimetria più
ampia e diversa dalla prima (Fig. 10). Dalle indicazione dei Villani invece non può
essere composta alcuna forma chiusa (Fig. 11).
Una preziosa conferma per la localizzazione del palazzo nell'area perimetrale già
intravista dagli autori menzionati, è la posizione dell'edificio attribuito a Federico
Imperador 2° visibile nella più antica cartina di Foggia finora conosciuta, redatta da
Padre Angelo Rocca alla fine del '500.32
(Figg. 12 e 13).
In basso a destra della sorprendente veduta della città, resa nota da poco. é
rappresentato un edificio con cortile, il palazzo federiciano, indicato con la lettera
"B" (affiancato a sinistra da una costruzione con finestre, presumibilmente
posteriore al palazzo).33 Tale edificio
si affaccia su "Piazza
della Pescheria", indicata con il n° "13", con un grande arco: l'androne
d'accesso del quale s'é conservato l'archivolto decorato con due file di foglie poggiante
su due aquile. Ma il basso muro a sinistra ed i modesti fabbricati a destra che si
osservano nell'antica rappresentazione del palazzo, danno l'idea che si trattasse di un
edificio già modificato, di ruderi bene o male ripristinati.
Notizie contemporanee alla veduta del disegno provengono dagli scritti di Pietrantonio
Rosso da Manfredonia: "In questo medesimo tempo il suddetto imperatore si trovava ad
aver incominciato il suo palazzo imperiale in Foggia, ove ancora vi stanno parte di
muraglie e la porta maggiore integra tutta, nella quale, in un marmo, egli dichiara che
Foggia sia città regia ed inclita sede imperiale.34
Altro elemento che pone luce sulle condizioni del palazzo in quel periodo è l'epigrafe
del 1543 che commemora il restauro e la sistemazione dell'antica lapide federiciana di
fondazione a cura delle autorità cittadine35
(Figg. 14 e 15). La lapide celebrativa medievale era considerata evidentemente la reliquia
di un amato monumento cittadino di cui non si voleva perdere il ricordo. 36 Alla distruzione della dimora imperiale hanno
concorso i rovinosi terremoti susseguitisi in Capitanata dal XV al XVIII secolo, e l'opera
dell'uomo con l'asportazione dei materiali edilizi riutilizzati di volta in volta dopo gli
eventi sismici.37 "Et in quest'hora
è venuto novella che a Fogia, dove era la majestà, è facto grande damno.
Se santirò le cose più particulare ne avisarò V. Sig.ria": sono le parole
rivolte dall'inviato Antonio da Trezzo al Signore di Milano, Francesco Sforza,
scritta in una lettera del Dicembre del 1456.38 Daun
documento datato 8 Agosto 1627 siamo informato del gran numero di morti e dei gravi danni
causati dal sisma che colpì particolarmente il Tavoliere settentrionale ed
il gargano il 30 luglio del 1627.39 Ma il marzo del
1731, "l'Epoca del Tremuoto di Fogia", segnò il momento più drammatico e
tristemente ricordato dalla Città anche molti decenni dopo il doloroso evento. Le
descrizioni del Manerba. che ne fu spettatore all' età di otto anni, fanno rivivere scene
dì apocalisse. I muri "siccome avvenne in alcuni luoghi, mutarono di sito non
osservandosi più le facciate delle case conservare l'aspetto di prima " ed ancora
"mentre per ogni dove non altro si presentava, che l' immagine della morte, e mille
oggetti di orrore: essi tremavano in ogni momento di vedersi aprire dinnanzi la terra per
ingoiarli".40
La locale crisi economica che seguì l'inattesa sciagura a malapena permise il
sostentamento della popolazione colpita .41
Momenti di incremento costruttivo, in cui può essere ipotizzato il riutilizzo dei
materiali dell'antica residenza, si osservano nel-la veduta di Foggia del 1708 di
Francesco Cassiano de Silva.42 (Fig. 16). Il disegno
con-frontato con la più antica veduta di Foggia 43
indica nello stesso circuito urbano un consistente incremento edlilizio nel fitto reticolo
abitativo che ruota attorno ai due principali punti della città, quello della Cattedrale
e quello del Pozzo Rotondo vicino all'antica Dogana.44
Dall' epoca sveva alla metà del XIV secolo si sa qualcosa sulla dimora federiciana
attraverso notizie di aggiustamenti e restauri promossi dai regnanti angioini che se ne
servirono come prestigioso) strumento di rappresentanza. Le disposizioni impartite ai più
alti funzionari della regione da Carlo I d'Angiò per il matrimonio della principessa
Beatrice con Filippo di Cortenay, figlio dell'imperatore latino di Costantinopoli,45 indicano quale importanza politica conservasse ancora
la residenza imperiale nel 1273.46 Dalla metà del
XIV alla seconda metà del XV non si hanno più altre notizie se non il breve cenno al
palazzo (Majestà) nella descrizione dell'inviato milanese sul terremoto del 1456, di cui
si è già detto senza ulteriore commento circa la sua situazione statica. L'apposizione
nel 1543 della lapide commemorativa47 del restauro
dell'antica epigrafe federiciana dà sostanzialmente le prime notizie intorno alla sua
precaria condizione. 48 Alla metà dello stesso
secolo il palazzo non è neppure citato nella "guida" compilata da Leandro
Alberti.49 Dalle descrizioni di Pietrantonio Rosso da
Manfredonia si ha conferma che la residenza imperiale era in stato di abbandono.50
La posizione dell' arco su "Piazza della Pescheria (l'odierna P. zza V. Nigri )
(Figg. 17 e 18), che appare nella veduta cinquecentesca di Foggia. confrontata con la
posizione dell' arco che si vede nel disegno del 1844 dell' architetto Victor Baltard 51 (Fig. 19). indica che la parte sopravvissuta
all'estesa costruzione sveva, durante il tempo che è intercorso tra i due disegni presi
in esame, non ha subito spostamenti dal medesimo luogo.
Stessa posizione del portale rispetto a Piazza Nigri è attestata, attraverso fotografie
fatte eseguire dall' Haselof fra il 1905 ed il 1911 52,
fino alla sistemazione del portale sulla parete laterale del museo nel 1953. Lo
spostamento fu necessario per gli effetti dei bombardamenti aerei del '43 che avevano
compromesso la stabilità della costruzione su cui era posto.
Se si considera il fatto che dalla sua costruzione (1223 ) all'epoca dell' esecuzione del
disegno commentato dal frate Agostiniano(1583-84) non vi sono a tutt'oggi notizie certe di
crolli o rimozioni del portale,53 si potrebbe
concludere che la sua posizione, prima della collocazione a fianco del Museo, fosse quella
originaria. Essendo poi all' interno dell'area che la tradizione locale ha sempre indicato
come quella della residenza federiciana. é ammissibile supporre che il portale fosse
proprio l'ingresso del "palatium"54
Un indizio in questo senso proviene dal-la veduta ottocentesca di P.zza Nigri del Baltard
(Fig. 19). Lo sconfinamento dei grossi conci verso un altro fabbricato, distinto ma
affiancato a quello dell'arco, indica una più estesa ed omogenea cortina di origine, un
probabiile muro federiciano fortemente rimaneggiato. Le antiche riparazioni, visti e
descritti dall'Haseloff (compresi gli interventi più recentiti), avrebbero potuto essere
ripristini susseguitesi nel tempo attorno al portale, dove sono stati risistemati i
fortunosi conci di rivestimento.55
Da un documento apprendiamo che l' imperatore svevo rinsaldò la cinta muraria della
città ed il castello.56 Alcuni studiosi hanno
ritenuto che il castello fosse la reggia; altri invece che la reggia e il castello fossero
due costruzioni ben distinte.57
Sembra che le perplessità createsi attorno alla forma del palazzo di Foggia siano state
generate proprio dai cronisti antichi che per la sua descrizione hanno adottato
termini differenti. Infatti il cronista anonimo che va sotto il nome di Nicolò di
Jamsilla lo descrive come una reggia.58 Riccardo di
San Gennano, nel suo laconico trascrivere, lo indica come castello.59
Più amplio adito dà Saba Malaspina che lo assimila ad una dimora reale degna della
magnificenza d'Augusto.60 Fra i motivi
disorientamento attorno alla sua configurazione v'è anche la denominazione di Domus che
appare nello statum de riparatione castrorum, documento redatto in epoca angioina ma
promosso come risultato di inchiesta dal regnante svevo.61
Tuttavia gli studi su questo argomento suggeriscono che differenti denominazioni adottate
per una stessa costruzione possono indicare sia il diverso utilizzo effettuato col variare
del tempo, sia una duplice funzione svolta contemporaneamente da uno stesso edificio:
quella difensiva e quella residenziale. 62
Ma se poco o quasi nulla si è conservato del palazzo imperiale, qualcosa invece rimasto
dei suoi sotterranei (Figg. 20 e 21), alcuni dei quali sono stati modificati ed utilizzati
nei secoli successivi (Figg. 22 e 23). Essi sono ubicati in svariati punti dell'area
federiciana e, in maggiore densità, sotto le due costruzioni delimitate dal quadrangolo
di Via Pescheria, Via Pietà, Piazza Purgatorio e Via S. Domenico. I due corpi di fabbrica
sovrastanti i sotterrnei in que-stione sono divisi da Vico d'Angiò e riguardano la chiesa
di Santa Maria della Misericordia (altrimenti detta chiesa dei morti o del purgatorio)
(Fig. 24) tra Piazza Purgatorio e Vico d'Angio (Fig. 25) e l'edificio prospiciente il
fianco della chiesa, fra Vico d'Angiò e via Pescheria (Fig. 26). L'area descritta
corrisponde alla superficie che occupava il palazzo svevo raffigurato nella veduta
cinquecentesca di Foggia. 63 (Fig. 27)
Colegando le ammirate descrizioni di Saba Malspina e la nota abilità del Sovrano nel
Artes mechanicae, tanto da guadagnasi il titolo di Artifex peritus,64 viene spontaneo chiedersi quali astrusi
marchingegni potevano esserci nella residenza Foggiana per allietare gli ospiti. Sappiamo,
non dove, che ebbe fra le cose più care un orologio astronomico donatogli dal Sultano di
Damasco. Frai suoi tesori v'era anche un albero d'oro e d'argento che ospitava uccelli
meccanici.65 Di certo a Foggia ci saranno state feste
e banchetti promossi dall'Imperatore. Al riguardo si hanno notizie di raduni politici e di
cerimonie solenni. 66 Uno studioso tedesco,
sintetizzando in modo pittoresco le notizie frammentarie pervenute, descrive la vastità
del castello di Foggia ricco di statue, colonne di marmo, leoni e fontane. Racconta delle
vivaci e leggendarie feste tenutesi nel palazzo la cui la cui sontuosità ha circondato
fino ai giorni nostri l' immagine dell'imperatore Svevo. Di gioia festosa e di ogni
delizia potevano soddisfarsi gli ospiti allietati dai purpurei colori dei giocolieri e dai
cori dei musicanti. Il giorno trascorreva allegramente e quando volgeva al termine, alla
luce delle torce fiammeggianti, la notte diventava giorno. Riferisce delle meraviglie dei
cortili interni della corte che il figlio del re d'Inghiterra Riccardo di Cornovaglia,
potè vedere ed ammirare.67 Dai documenti dell' epoca
sappiamo che il regnante svevo era, tra l'altro un colto collezionista ed un attento
estimatore di oggetti di lusso.68 Oltre a i pregevoli
manoscritti di svariata fattura e provenienza che arricchivano le sue biblioteche,
acquistava rari e preziosi oggetti da mercanti veneziani e provenzali.69
Nel 1240 ordinò che a Napoli, dov'erano pervenute via mare, fossero trasportate a Lucera
delle sculture di pietra raccomandando di farle portare a spalla da persone idonee.70 Due anni dopo, sempre per Lucera, fece trasportare da
S . Maria di Grottaferrata due statue di bronzo, una figura umana ed una mucca da
utilizzarsi come ornamento per fontana.71 L'accurata
collocazione due arieti di bronzo d'epoca ellenistica ai lati esterni del portale di
Castel Maniace a Siracusa fa capire quanta cura ponesse nella Sistemazione delle opere
antiche e dell'intenzione di mostrarle anche ai sudditi (Fig. 28).
L'autorizzazione ad Oberto Commenale (1240) per eseguire uno scavo nei pressi di Augusta,
"dove spera di imbattersi in straordinaria scoperte", è chiaro indizio del suo
interesse per le antichità,72 interesse che sembra
volgersi al contrario se si considera il fatto che non ha avuto scrupoli a smantellare
rilevanti monumenti quando questi potevano servire ad appresta menti difensivi .73
Tuttavia in questo campo le scelte dell'imperatore svevo- determinate non solo dal
significato politico insito nei caratteri simbolici del mondo antico ma anche, per quel
che riguarda la statuaria, dal suggestivo riflesso naturalistico caratterizzante la
produzione greco-romana - si attuarono con la costituzione di vere e proprie raccolte
d'arte antica: a Castel del Monte, di cui si sa di materiale andato disperso, dov'è
ancora visibile una lastra incassata con la rappresentazione di un corteo e, come sembra
anche a Lucera e a Foggia.74
In alcune località del Tavoliere era relativamente facile procurarsi materiale da
costruzione, utile alle fabbriche medievali, dove non doveva essere rarissimo reperire
statue ed altri oggetti di pregio. E' noto che la città medievale di Lucera si
sovrapponesse ad un insediamento romano abbellito da consistenti monumenti imperiali che a
Foggia distava pochi chilometri da Arpi che era uno dei maggiori centri della daunia
antica.75 Del misterioso edificio foggiano sappiamo
che l'abate G. Battista Pacichelli nei primi anni del '700 descrisse i suoi ruderi
"ricco di marmie di Statue, e colonne". Intravide in alcune sculture collocate
presso la Cattedrale di Foggia i marmi già appartenenti alla costruzione federiciana:
"I suoi leoni sopiti di marmo si veggon hora al Tempio descritto, siccome le di Verde
antico ed altri ruderi di pregio".76
Nella veduta di Foggia del Pacichelli (Fig. 29) - che faceva parte di una raccolta di
148 disegni di città del Regno di Napoli - è indicato col numero "2" il
palazzo di Federico II e, distante da questo, è segnato col numero "5" il
palazzo di Carlo I d'Angiò.77
La tradizione locale ha indicato alcuni edifici posti non distanti dall' area dell'arco
superstite i luoghi dove si espletava l'amministrazione pubblica di quei tempi. Il palazzo
sito in Piazza Federico II, conosciuto come l'antica Dogana, sembra essere stato il
Tribunale della città (Fig. 30).
Una più imponente costruzione, la cosiddetta Taverna dell'Aquila, i cui ultimi resti sono
scomparsi recentemente78, era attribuibile alla
caserma delle milizie sveve (Fig.31).
Altro edificio ricco di suggestive leggende è il Palazzo della Pianara, scomparso ormai
completamente dopo gli ultimi eventi bellici, e distante dalla reggia poco più di
duecento metri. Conservava ancora a tempi delle ricognizioni del Biagi strutture
federiciane 79
(Figg. 32 e 33).
La frequente presenza dell'imperatore in Ca pitanata, ed in particolare a Foggia80, impresse un certo incremento alle attività
produttive del Tavoliere e movimento ulteriormente i commerci.
Sin dalle prime fasi del suo regno, l'attenzione dell'imperatore svevo si rivolse ad
importanti promozioni culturali la cui valenza, insieme a metodi più diretti laddove
questi erano necessari, tendevano a vanificare le frequenti tendenze centrifughe dei
poteri locali.
Istituì nel 1224 lo Studium Neapolitanum81 che
permise la formazione delle future classi dirigenti dell'amministrazione imperiale (
giudici, notai, funzionari della Cancelleria)82.Quell'istituzione
culturale era fra le migliori premesse al rafforzamento istituzionale dello Stato, il cui
assetto si andò perfezionando man mano. Le più importanti di esse, Le Costitutiones
furono esposte dall' Imperatore di Capua nel 1220, a Messina nel 1221, a Melfi nel 1231, a
Foggia nel 1240.83
Un aspetto forte del governo federiciano erano le imposte tributarie. Le riscossioni
straordinarie effettuate attraverso le "collette generali"84
furono sempre più frequenti nell'ultima parte suo regno e sempre meno straordinarie. Alle
precedenti e più caute gabelle dei regnanti normanni, Federico II ne aggiunse altre.
Sappiamo che sotto il suo regno in Puglia si riscuotevano diritti su i
mari , sulle stalle, sul sapone e sulla molitura della galla (sostanza usata in tintoria)
da cui erano esenti però altre regioni. Erano a regime di monopolio l'acciaio, il ferro,
la pece, il sale e i generi di lusso compresa la seta .85
Ma le imposizioni erariali servivano a sostenere i suoi programmi strategici.
Per l'attuazione dei progetti edilizi, il regnante svevo si avvalse dell'opera di esperti
del settore tra cui non mancarono i conversi cistercensi reclutati su consiglio del
pontefice.
Nelle costruzioni sparse nel Regno meridionale le tipologie architettoniche e la
tecnologia usata per realizzarle appaiono sostanzialmente affini, pur se modulate da
incidenze stilistiche regionali. L'univoco orientamento che si rileva suggerisce
l'esistenza di un' apparato organizzativo centrale indirizzato dal suo gusto e dalla sua
cultura personale.86
Da due lettere inviate al Sovrano dal giustiziere Tommaso da Gaeta, apprendiamo le
esortazioni del funzionario imperiale e rallentare la mole ed il ritmo dell'attività
costruttiva,. perché ciò pesava troppo sulle possibilità contributive dei sudditi che
meno oberati di tasse - sosteneva l'anziano magistrato - avrebbero avuto migliore
devozione per il loro re.87 Ma i programmi
costruttivi concepiti dall' Imperatore procedevano speditamente.
Fece "costruire con incomparabile fervore palazzi di tanta bellezza e di tali
proporzioni, come se dovesse vivere eternamente, e fece elevare fortezze e torri sulle
cime dei monti e nelle città, come se temesse di venire assediato da nemici da un momento
all'altro".88
La Capitanata nel XIII secolo era costellata, più di quanto non lo fosse prima, ma una
corona di castelli che si snodava sulle propaggini degli Appennini, sul Gargano e nella
pianura. Questi servivano anche alla protezione delle svariate domus e dei castelli di
caccia che il regnante svevo aveva eretto per i svaghi. Dallo Statum de reparatione
castrorum (1241-1246) si ha un quadro sufficientemente chiaro della situazione costruttiva
regia nell'Italia meridionale. In esso v'è l'elenco delle località (borghi e città)
inca-ricate di assicurare il restauro e la manutenzione delle domus e dei castra che
ammontavano a 250 costruzioni sparse in tutto il Regno di Sicilia. Nella sola Capitanata
esistevano 22 castelli e 28 domus da preservare, fra cui anche la dimora foggiana.89
L'architettura residenziale sveva di que-sta regione appare molto varia sia per im-pianto
che per valori formali. Che alcune residenze della Capitanata fossero particolarmente
mirabili, ce lo suggerisce la compiaciuta ostentazione che il regnante volle fare di esse
per destare l'ammirazione dei notabili lombardi, prigionieri in Puglia dopo la battaglia
di Cortenuova.90
Più frequentemente nel Regno di Sicilia che nel resto della penisola, il controllo del
potere centrale sulle città - che non sono mai state oggetto di beneficio feudale - si
esplicava attraverso la dislocazione di castelli e fortilizi posti generalmente ai margini
del perimetro di cinta ma a stretto contatto con l'insediamento urbano.91 Non diversamente dagli altri centri meridionali,
Foggia era dotata di una costruzione signorile per il controllo della città posta sul
perimetro difensivo in cui il palatitm era l'elemento di spicco per la difesa sia esterna
che interna. Per la sua configurazione si può fare uso di alcuni dati oggettivi
esistenti.
Il primo di questi emerge da recenti studi con specifiche considerazioni
sull'arte federiciana attraverso il confronto di monumenti coevi, fra cui spiccano uno a
Lucera, ormai scomparso ma visibile in alcuni rari disegni, e altri due che si possono
ammirare a Foggia, bene o male conservati.92 Il
secondo dato è nell'individuazione di una forma edilizia che rappresenta un segnale di
rappresentanza nobiliare di quell'epoca.
E' una costruzione d'origine nord-europea, di importazione normanna, conosciu-ta col nome
di donjon.93
La dislocazione in Capitanata dei torrioni, originari delle regioni dell'Inghilterra e
della Francia94 e già presenti nella penisola
italiana prima della venuta di Federico II (Figg. 34-36), dà delle preziose indicazioni
su una non rara tipologia castellare esistente nel territorio. Le forme ditali forti
arroccamenti si sono protratte in Puglia anche dopo la dominazione normanna ed hanno
trovato un migliorato prosieguo in alcune costruzioni dell'imperatore svevo95(Figg. 37-39).
Nel tempo questi edifici sono aumentati di volume fino ad arrivare alle dimensioni del
palazzo federiciano di Lucera96, conosciuto da secoli
come 'La Cavalleria' ed esistente all'interno dell'ampia e più tarda fortificazione
agioina. Sfortunatamente non ne e rimasto granché se non la base scar-pata su cui si
ergeva l'imponente mastio. La sua forma si è potuta comunque ripescare e ricostruire
graficamente (Figg. 40 e 'il) grazie ad alcuni disegni eseguiti da Louis Desprez durante
un viaggio conoscitivo in Italia alla fine del XVIII secolo97
(Figg. 42 e 43), poco prima dell'abbattimento ordinato per ricavare materiale per il nuovo
Tribu-nale di Lucera.98
Nel disegno col cortile (Fig. 43) si intra-vedono alcuni ornamenti scultorei del palazzo,
con motivi che "rinviano a forme decorative prevalenti nell'architettutra fiorita in
Capitanata fra XII e XIII secolo, indice della presenza, a Lucera plaubilissima, di
maestri foggiani".99
Le finestre circolari e a losanghe, visibili nel disegno del Desprez, trovano espliciti
riscontri con motivi ornamentali di monu-menti religiosi presenti a Foggia, Pulsano, Monte
S.Angelo, Troia e Siponto (Figg. 45-49).
Esse rappresentano alcuni degli clementi decorativi che caratterizzano l'architettura
pugliese di tradizione romanica, partico-larmente quella fiorita in Capitanata fra XII e
XIII secolo100, nel momento in cui il Tavoliere
acquisiva nuova vitalità artistica per gli apporti determinati dalla più frequente
circolazione di uomini e di idee nei percorsi che collegavano l'Occidente europeo al Nuovo
Oriente Cristiano in cui la Puglia rimaneva una comoda tappa.
Altro collegamento tipologico, nell'ambito della stessa produzione artistica, è
riscontrabile nei decori vegetali scolpiti sui portali della Cattedrale di Termoli (Fig.
50) della Cattedrale di San Severo (Fig. 51) della Chiesa Di S. Maria di Pulsano (Fig. 46)
e del Palazzo di Foggia (Fig. 5). In quest'ultimo la decorazione a fogliame
dell'archivolto si lega fortemente ai motivi floreali che ornano i capitelli della
Cattedrale di Foggia ( Fig. 52).
Qui la critica e quasi sempre concorde nell'attribuire a Bartolomeo da Foggia il
cornicione che adorna la facciata.101
La non rara adozione in Capitanata della tipologia costruttiva normanna 102 collegata all' importanza strategica che assumeva
la residenza di Foggia, può far ritenere che il palazzo imperiale, elemento di punta del
sistema difensivo dell'apparato edilizio, ricalcasse le forme dei robusti e sperimentati
modelli d'oltralpe.103 Se così era, qualunque parte
occupasse dell'area in questione, è probabile che fosse senza base scarpata - elemento
che caratterizza i donjon ed il palazzo di Lucera - poiché quella struttura ad avancorpo
sarebbe stata militarmente inutilizzabile per costruzione posta all'interno di una cortina
muraria ed a distanza ravvicinata da quest'ultima 104 (Figg.
53-54).
Li sua utilizzazione come tesoreria105 indica una
struttura adatta alla difesa, seppure posta scomodamente al centro del Tavoliere. La
tradizione costruttiva locale, di cui alcuni esiti si trovano anche al di fuori della
Capitanata106, si è espressa negli edifici civili
particolarmente nelle risoluzioni ornamentali così come appare nel pur minimo elemento
rimasto a Foggia, che è l'archivolto con le aquile e nel distrutto mastio di Lucera. Nel
palazzo Lucerino, la base quadrata del cortile si trasforma verso l'alto in ottagono con
una sorprendente risoluzione, attraverso l'innesto di archi trasversali di raccordo che,
con l'utilizzo di semicrociere atte a sostenere le brevi murature sovrastanti si
ancoravano saldamente alle pareti del cortile. Tale risoluzione architettonica è presa in
prestito da più antiche esperienze del mondo islamico molto frequenti nelle moschee e
negli edifici sacri, dove le maestranze arabe hanno trovato i geniali rimedi per tradurre
forme di base quadrata e rettangolare in ottagoni, cerchi ed altre fantasiose forme (Figg.
55-56).
La singolarità compositiva del palazzo di Lucera sta nel fatto che quelle realizzazioni
murarie con le quattro pseudo-nicchie (Fig. 44), erano già cosa diversa dai modelli
islamici da cui derivavano. Erano peraltro realizzate in ambiente aperto (il cortile),
diversamente da come avveniva nell'architettura araba dove esse si inerpicavano negli
interni (figg. 58-59)
Come si configura nella visione di insieme, quegli snodi struttivi rappresentano un
elemento sperimentale dell'architettura sveva nel Regno di Sicilia e non trovano riscontri
in altri edifici coevi o in costruzioni medievali posteriori. Pur con la presenza di
maestri costruttori saraceni, è probabile che all'elaborazione degli arditi raccordi del
mastio di Lucera - in cui era visibile una delle componenti dell'architettura federiciana 107- le maestranze foggiane non fossero estranee.