Censis

Roma

 

 

La Capitanata tra identità territoriale e prospettive di sviluppo

 

Sintesi del rapporto finale

 

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1.1. Una nuova dimensione territoriale dello sviluppo

1.2. Il ruolo dell'analisi delle relazioni territoriali

1.3. Articolazione e risultati della ricerca

1.3.1 Contenuti e metodologie

1.3.2. Le macrodinamiche territoriali

1.3.3. Le relazioni tra i poli urbani

1.3.4. Le prospettive delle aree intermedie

1.4. Gli orientamenti dei soggetti

 

 

 

 

 

 

Roma, giugno 1998


 

 

1.1. Una nuova dimensione territoriale dello sviluppo

 

Chiamato a riflettere sull'identità e le prospettive della Capitanata questo rapporto è focalizzato sul tema della "nuova dimensione territoriale dello sviluppo" ed è concentrato, in particolare, sull'individuazione e l'analisi delle relazioni territoriali tra le diverse province.

L'affermarsi di un contesto competitivo connesso alla creazione del nuovo spazio economico europeo produce effetti che non riguardano solo le imprese ma anche i territori. I processi di sviluppo e di declino si collocano sempre più in una dimensione intermedia, che va ben al di là di quella del singolo insediamento ma è ben lontana dalla scala nazionale. Distretti produttivi, reti urbane locali, regioni funzionali sono gli ambiti territoriali rispetto ai quali vengono misurate le nuove variabili della competitività. Dotazioni infrastrutturali, interazioni produttive, risorse immateriali, milieu socioculturale, come elementi caratterizzanti in un ambito territorialmente definito, avranno un'influenza crescente nel determinare quantità e qualità delle scelte di insediamento e di sviluppo.

Il ruolo degli stati nazionali tenderà a ridursi progressivamente rendendo decisiva la capacità autonoma dei singoli territori di creare le condizioni per l'innesto di dinamiche di crescita ed il loro successivo consolidamento. Gli enti locali, le autonomie funzionali, le organizzazioni di rappresentanza sociale e politica, le "avanguardie" imprenditoriali e professionali, saranno gradualmente investite di ruoli e di responsabilità crescenti. Alle capacità di rappresentanza e rivendicazione dovranno progressivamente essere affiancate quelle di sensibilizzazione e attivazione della realtà locale, per le quali saranno premianti le capacità di condensazione progettuale e di coagulo di energie e risorse.

Tutto ciò vale in misura particolare per il Mezzogiorno dove la necessità del passaggio dalla logica del contributo esogeno a quella del dinamismo endogeno appare particolarmente evidente. Le esperienze di programmazione concertata avviate negli ultimi anni rappresentano solo una prima sperimentazione della funzione di "enzimi" dello sviluppo socioeconomico del territorio che i tanti e diversi corpi intermedi, sono chiamati a svolgere.

In questo quadro la provincia di Foggia si caratterizza per la presenza, al suo interno e nelle aree limitrofe, di diverse esperienze di innesto (e in alcuni casi consolidamento) di singole dinamiche di sviluppo. Rispetto al quadro generale del Meridione emerge come un contesto qualificato sia dalla varietà delle esperienze in corso sia dalla molteplicità delle potenzialità presenti. Si tratta ora di elevare la scala di riferimento cui applicare le capacità di coordinamento progettuale e collaborazione operativa. Ciò non significa abbandonare il livello micro. Patti territoriali e Contratti d'Area vanno concretamente implementati, consorzi locali e singole realtà produttive vanno messe in condizione di svilupparsi, le autonomie funzionali devono conquistare sul campo autonomie e funzionalità effettive, gli enti locali devono portare a compimento la trasformazione istituzionale e funzionale in corso, i soggetti di rappresentanza (e le stesse forze politiche) devono recuperare capacità di rappresentazione e connessione dei soggetti, l'imprenditoria ed il mondo delle professioni devono mostrarsi capaci di svolgere un ruolo trainante al di là dei propri ristretti ambiti di competenza. Ma il punto cruciale è che tutti questi processi devono essere connessi tra loro in una dimensione che superi l'ambito "localistico" (configurato dalle partizioni amministrative, dalle tradizioni o dalle abitudini) per raggiungere quello "territoriale" (definito dalle relazioni funzionali, dalle opportunità di sinergia e complementarità).

La "nuova dimensione territoriale dello sviluppo" deve essere sufficientemente ampia (economicamente e demograficamente) per consentire l'autogenerazione di dinamiche di crescita, l'insediamento e lo sviluppo delle funzioni "rare", la condensazione locale dei processi e la crescita delle connessioni esterne; ma anche sufficientemente ristretta perché sia acquisito e mantenuto il senso di appartenenza ad un ambito comune, perché si determinino e consolidino effettivi legami funzionali, perché la progettualità sia fondata su una conoscenza effettiva delle concrete situazioni di partenza. Sufficientemente definita al suo interno per consentire agli attori che vi operano di riconoscervisi ed alle iniziative di trovare la misura di un immediato riscontro; ma anche sufficientemente aperta per permettere lo sviluppo delle necessarie articolazioni interne.

Nel caso della Capitanata sembrano sussistere tre requisiti che motivano la ricerca di una nuova ed autonoma dimensione territoriale dello sviluppo.

Questi tre elementi inducono a ritenere che la Capitanata possa ambire a divenire il fulcro di una nuova dimensione territoriale dello sviluppo in grado di valorizzare le potenzialità di collocazione e soprattutto di connettere le singole esperienze di crescita massimizzandone le potenzialità di diffusione.

Ovviamente, l'ipotesi qui delineata non trascura gli elementi di criticità presenti nello scenario socioeconomico locale. Punta però a valorizzare gli elementi dinamici presenti sia nelle condizioni oggettive sia nei comportamenti degli attori sociali ed istituzionali. Le prospettive territoriali sono l'esito di un'interazione fra l'azione di molteplici soggetti e il quadro delle condizioni date, le politiche sono gli strumenti per dirigere i modi di questa interazione.


1.2. Il ruolo dell'analisi delle relazioni territoriali

Non esistono metodologie standardizzate o criteri codificati per individuare a priori in ciascun contesto i confini e le caratteristiche della "nuova dimensione territoriale dello sviluppo". In primo luogo perché essa dipende solo in parte dalle condizioni oggettive essendo le propensioni soggettive degli attori locali altrettanto importanti nel definirne la forma e la praticabilità. In secondo luogo perché le condizioni oggettive rilevanti variano da un contesto all'altro formando un universo di possibili combinazioni che è impossibile classificare in modo esaustivo e definitivo. In terzo luogo perché tali condizioni non possono essere riferite ad un sistema chiuso nel tempo e nello spazio dipendendo esse sia dalle evoluzioni possibili delle dinamiche in atto e potenziali sia dal quadro, presente e futuro, delle relazioni esterne del territorio.

Tuttavia ciò non significa che il tema non possa essere indagato dal punto di vista scientifico e l'obiettivo perseguito consapevolmente dal punto di vista "politico".

E' possibile, guardando ai caratteri identitari di un territorio, ai fenomeni socioeconomici in esso presenti, al suo sistema di relazioni ottenere immagini del presente ed indicazioni per il futuro in grado di rappresentare un punto di riferimento per il confronto tra gli attori dello sviluppo territoriale ed una base di partenza per orientare le loro azioni.

La nuova dimensione territoriale dello sviluppo, che questo studio cerca di prefigurare, travalica i confini della Capitanata e si estende a porzioni o alla totalità dei territori delle province limitrofe appartenenti ad altre regioni come Campobasso, Benevento, Avellino e Potenza.

L'ipotesi che si è cercato di verificare è che nell'ambito del "quadrante" cos" definito i requisiti (dimensionali, di collocazione e di potenzialità) individuati per la sola Capitanata si rafforzano senza che si perda la possibilità di leggerli in una trama complessivamente unitaria e dotata di una propria specificità.

L'analisi del sistema delle relazioni territoriali rappresenta pertanto il cuore del percorso di ricerca. Si tratta infatti di sovrapporre al quadro "formale", costituito dalla successione gerarchica delle partizioni amministrative (comuni, province, regioni), il quadro "sostanziale", definito dalle relazioni tra territori e dalle connessioni tra i centri che in concreto si sono determinate o potenzialmente potrebbero determinarsi. Non è un compito facile a causa della "irregimentazione" nella classificazione a priori dei confini amministrativi di gran parte del materiale informativo disponibile ed anche dall'atteggiamento soggettivo di protagonisti e osservatori fortemente abituati a ragionare in termini di comuni, province e regioni.

La comprensione di questo quadro costituisce, d'altra parte, la base per azioni dinamiche di promozione delle relazioni tra enti pubblici, soggetti associativi ed attori di sviluppo. E' la progressiva evoluzione delle forme di partnership che consente, infatti, di avvicinarsi gradualmente a nuovi modelli, di gestione del territorio e promozione della crescita economica, in grado di produrre nel tempo motivazioni e condizioni per la riconfigurazione degli ambiti di intervento istituzionale.

Questo rapporto di ricerca si muove quindi sul crinale posto tra questi due versanti con l'obiettivo di mettere in luce i dati di fondo dell'organizzazione territoriale, delle dinamiche socio-economiche e, nel contempo, di cominciare ad evidenziare i punti di attenzione sui quali invitare gli attori locali a riflettere nella prospettiva di un'integrazione maggiore fra la Capitanata e i territori limitrofi.


 

1.3. Articolazione e risultati della ricerca

1.3.1 Contenuti e metodologie

Il rapporto di ricerca si articola in tre sezioni corrispondenti a tre differenti livelli dell'analisi.

Nella prima sono stati ripresi e approfonditi alcuni elementi emersi dallo studio delle caratteristiche e delle dinamiche del tessuto economico foggiano ed in particolare quelli relativi ai potenziali effetti di sistema del consolidamento e della creazione di nuovi insediamenti industriali, alla necessità di un "cambio di paradigma" nel settore agroalimentare ed alle potenzialità delle rete delle infrastrutture di collegamento.

Gli approfondimenti sono stati realizzati attraverso una serie di colloqui con testimoni privilegiati, protagonisti o osservatori della vita economica della Capitanata, cui è stato sottoposto un insieme omogeneo di spunti di riflessione e sono state rivolte alcune domande allo scopo di acquisire e confrontare i diversi orientamenti e valutazioni. L'insieme di questi elementi ha consentito di collocare le prospettive della Capitanata rispetto alle macrodinamiche di evoluzione dell'area centro meridionale del paese individuando, in particolare, una prima serie di fattori di connessione, effettivi o potenziali, con i territori confinanti.

Nella seconda sezione l'attenzione è stata innanzitutto rivolta alla geografia dei sistemi urbani ed ai loro sistemi di relazione, considerati come possibile struttura portante delle nuove dimensioni territoriali dello sviluppo. Attraverso la costruzione di un database sui sistemi locali del lavoro dell'Italia centro meridionale si è proceduto a ricostruire una mappa degli addensamenti e delle relazioni. Ne è emersa l'esistenza di un ampio territorio (che comprende i poli urbani di Foggia, Campobasso, Benevento e alcuni centri delle province di Avellino e Potenza) che può evolvere sia nella direzione di una progressiva integrazione delle sue diverse parti nei sistemi "esterni" (Napoli, Bari, l'area abruzzese) sia verso una maggiore integrazione interna, prefigurando la creazione di un'autonoma rete di relazioni interurbane in grado di sostenere la configurazione di una nuova dimensione territoriale di sviluppo.

La praticabilità di questa seconda ipotesi è stata testata attraverso l'analisi (basata sull'elaborazione di dati settoriali e i colloqui con operatori) delle possibili prospettive di complementarità tra i maggiori centri urbani del territorio relativamente ad alcune significative funzioni rare (dall'università alle strutture sanitarie specializzate ....).

Nella terza sezione l'attenzione è stata concentrata sulla fascia di territorio intermedia tra la Capitanata e le province confinanti. Il carattere rado della potenziale rete di relazioni interurbane individuate rende, infatti, cruciale il ruolo delle aree intermedie. Gli oltre 100 comuni selezionati sono stati analizzati attraverso la costituzione di un database con i principali indicatori statistici, l'effettuazione di un indagine presso i sindaci e lo svolgimento di alcune interviste dirette a testimoni privilegiati. Tutto ciò ha consentito di evidenziare la rilevanza del ruolo di alcuni centri intermedi (Termoli, San Severo, Ariano Irpino, Lucera, Melfi) come "connettori territoriali" e di individuare quattro aree transprovinciali caratterizzate, al loro interno, da una forte omogeneità di problematiche che appaiono risolvibili solo attraverso un forte coordinamento delle politiche delle diverse istituzioni.

Infine sia attraverso la somministrazione di un questionario ai sindaci sia attraverso una micro-indagine presso la popolazione di alcuni comuni campione posti nelle aree di confine tra le province di Foggia, Campobasso e Benevento sono stati testati gli orientamenti rispetto a diverse ipotesi di riconfigurazione istituzionale. Ne è emersa una forte domanda di collaborazione tra istituzioni ed una diffusa disponibilità a considerare, nel quadro del processo di trasformazione federalista dello Stato, una diversa configurazione dei confini amministrativi.


1.3.2. Le macrodinamiche territoriali

L'area costituita dal Molise e dalla Capitanata, ma anche dal Sannio e dall'Irpinia, si colloca oggi alla frontiera dell'asse di sviluppo adriatico e costituisce geograficamente il collegamento tra esso e le aree della metropoli barese, della Basilicata e della metropoli napoletano-salernitana. Questa collocazione può costituire un potenziale punto di forza, se si attrezza il territorio a costituire una effettiva area di collegamento, ovvero un punto di debolezza se esso si limita ad essere una semplice area di transito. Il ruolo cui quest'area può ambire è quello di "giuntura funzionale" tra l'Est ed il Sud italiani, valorizzando sia le risorse interne sia la propria collocazione.

Il rafforzamento delle aree di sviluppo produttivo esistenti all'interno di questo territorio costituisce il primo dei requisiti necessari per poter sfruttare la favorevole collocazione territoriale. Ciò vale sia per i poli industriali esistenti (Melfi e Termoli, ma anche la stessa Foggia) o in via di rilancio (Manfredonia e San Severo) sia per il patrimonio costituito dagli elevati livelli qualitativi e quantitativi della produzione agricola.

Per quanto concerne i primi si tratta soprattutto di favorire lo sviluppo di un "effetto rete" che consenta di propagare le dinamiche di crescita al di là dei singoli poli di insediamento. Attraverso lo sviluppo delle attività di indotto, l'implementazione di attività qualificate di servizio all'impresa, la crescita di una mentalità imprenditoriale, può determinarsi un effetto moltiplicatore che estenda le ricadute occupazionali degli insediamenti e ne consolidi le prospettive di sviluppo a medio termine.

Per quanto riguarda il settore agroalimentare si tratta di individuare le strade per far crescere rapidamente la qualità imprenditoriale delle attività di produzione, sviluppare le opportune strategie per non essere esclusi dai benefici delle fasi di trasformazione e commercializzazione, favorire la localizzazione di attività di ricerca qualificate e fortemente integrate con la dimensione produttiva. La Capitanata deve cioè trasformarsi da una grande provincia agricola a una "capitale dell'agricoltura" luogo di insediamento delle attività connesse più avanzate (ricerca, commercializzazione) e punto di riferimento anche per altri territori con i quali sussistono condizioni di omogeneità produttive o di possibili complementarità nella filiera.

Lo sviluppo di un sistema di insediamenti infrastrutturali di connessione a lungo raggio (portuali, aeroportuali, interportuali, fieristici, e logistici) che sia per l'appunto sistema e non semplice giustapposizione di singole iniziative scollegate e prive di coerenza costituisce il secondo requisito necessario.

In prospettiva si tratta di trasformare la condizione passiva, di luogo di attraversamento in una condizione attiva, quella di distretto logistico, cioè di area di concentrazione delle attività di organizzazione materiale e immateriale del trasporto dei flussi di beni e merci.

Si tratta probabilmente di compiere un salto di qualità aderendo pienamente ad una logica di programmazione (e di gestione) sovraprovinciale (ed anche interregionale) delle infrastrutture "fisiche" (aeroporto di Foggia, porti di Termoli e Manfredonia, interporto di Termoli e centri merci vari) e di incentivazione comune della localizzazione di attività di supporto collegate ai processi di trattamento logistico e di commercializzazione.


1.3.3. Le relazioni tra i poli urbani

Lo sfruttamento degli spazi offerti dalle macrodinamiche territoriali è, come si è visto, fortemente connesso alla capacità di attivare dinamiche di livello intermedio. E' difficile pensare che la Capitanata possa svolgere da sola tale ruolo e, d'altra parte, il Molise, il Sannio, l'Irpinia e la stessa Basilicata ciascuno per proprio conto sono destinati ad assumere un ruolo periferico rispetto ai più consolidati sistemi della aree abruzzese, campana e barese.

Ciò vale non solo con riferimento agli ambiti richiamati nel paragrafo precedente (quello delle attività produttive primarie e secondarie e quello delle reti e attività di collegamento) ma anche rispetto alle relazioni tra sistemi urbani.

Le "nuove dimensioni territoriali dello sviluppo" si appoggiano, infatti, su sistemi metropolitani o reti "regionali" di sistemi urbani che devono raggiungere soglie dimensionali minime per poter giocare un ruolo autonomo di riferimento per l'insieme del territorio interessato.

L'analisi sviluppata in questa ricerca indica che la Capitanata e le zone che la circondano si collocano nel loro insieme in una posizione geografica intermedia tra polarità più forti anche in termini di reti di sistemi urbani. Di conseguenza o viene rafforzato il sistema di relazioni e connessioni interne e perseguita una strategia comune per lo sviluppo di dotazioni e attività qualificate (la formazione superiore, la sanità, i servizi alle imprese, il turismo) oppure le singole province sono destinate a gravitare, ciascuna per proprio conto, su altri sistemi più solidi e strutturati.

La rete di sistemi urbani che appare potenzialmente costruibile è tuttavia estremamente particolare. Si tratta infatti di una rete che non ha la strutturazione gerarchica tipica delle reti metropolitane né la densità propria dei sistemi ad alto sviluppo. Tuttavia anche questi elementi possono essere prodotti in fattori positivi, favorendo un quadro di intese paritarie che agevolino processi di specializzazione funzionale e salvaguardando il territorio da fenomeni di congestione che, a lungo andare, possono essere di ostacolo allo sviluppo della competitività.

Si può definire "pentapoli interprovinciale" la configurazione costituita intorno ai capoluoghi di Foggia (cui si aggiungono i centri urbani di San Severo, Manfredonia e Cerignola), Campobasso (cui si aggiunge Termoli) e Benevento nonché ai centri urbani di Melfi e Ariano Irpino appartenenti rispettivamente alle province di Potenza e Avellino.

Sovrapponendo al sistema di relazioni costituito dalla pentapoli della Capitanata un più ampio sistema potrebbe essere possibile reinterpretare una realtà che tende a non percepirsi come connessa e che invece potrebbe giovarsi di una interpretazione unitaria delle proprie relazioni.

Esistono diverse metodologie di definizione e classificazione dei sistemi urbani e di analisi delle loro relazioni che possono essere applicate ad un dato territorio a seconda delle finalità perseguite. Quasi tutte richiedono l'utilizzo di dati demografici, economici e di dotazione riferiti alle unità di base e l'utilizzo di tecniche di aggregazione e rappresentazione spaziale delle informazioni. L'unità di base che appare più consona alle finalità perseguita in questa sede è costituita dai "sistemi locali del lavoro", aggregazioni di più comuni contigui realizzata dall'ISTAT sulla base dei dati sugli spostamenti quotidiani per motivi di lavoro ricavati dal censimento 1991. I dati più significativi tra quelli disponibili con aggiornamenti a scala comunale relativamente recenti sono relativi alla dimensione ed andamento demografico, alla variazione nei consumi di energia elettrica a fini produttivi (proxy della crescita produttiva complessiva) ed alla dotazione di alcune tipologie di servizi pubblici e privati che determinano consistenti flussi di relazioni. La rappresentazione cartografica è infine lo strumento più immediato per la rappresentazione e l'analisi spaziale delle informazioni.

Nella tab. S1 sono riportati i dati relativi ai sistemi locali del lavoro presenti in dodici province dell'Italia meridionale (le cinque della Campania, le due molisane, Pescara, Chieti, Foggia, Bari e Potenza) e la classificazione dei sistemi urbani che ne è derivata. Nella fig. S.1 è sintetizzata la rappresentazione delle aggregazioni di sistemi urbani proposta in questa sede. Accanto alle aree di connessione metropolitana che fanno perno sulla coppia Napoli-Salerno (che si estende fino a Caserta e Avellino) e sul polo di Bari, emerge il sistema lineare adriatico e un'area centrale dove si collocano il sistema urbano esteso di Foggia (composto dal capoluogo e dai sistemi locali del lavoro quasi-urbani confinanti), il sistema urbano di Campobasso i sistemi quasi-urbani della costa adriatica molisana (Termoli), dell'est avellinese (Ariano Irpino) e del nord potentino (Melfi). Benevento si colloca ai confini tra quest'ultima area e quella di Napoli, mentre Isernia mantiene la sua collocazione isolata.

L'area articolata intorno alla pentapoli Foggia-Campobasso-Benevento-Ariano Irpino-Melfi possiede i caratteri dimensionali di un sistema autonomo, contiene al suo interno una serie di poli di particolare rilevanza o dinamismo economico che difficilmente possono essere ricondotti in altri sistemi. Restano tuttavia dei dubbi sulla completezza del suo sistema di dotazioni e soprattutto sullo spessore effettivo dei suoi sistemi di relazione interna.

In particolare per quanto concerne le dotazioni di servizi "diffusi" la pentapoli comprende sistemi urbani completi o quasi-completi rispetto a tutti e tre gli aspetti considerati (servizi alla persona collettivi e individuali e servizi alle imprese). Più contrastanti sono gli elementi relativi alle funzioni rare (l'area è allo stato priva di una struttura aeroportuale attiva), dispone invece di un centro fieristico di livello intermedio; presenta strutture istituzionali, e di formazione superiore (con sedi universitarie distribuite tra i diversi centri), di importanti dotazioni sanitarie e vari centri commerciali.

L'interesse dell'immagine della pentapoli interprovinciale cos" riproposta non dipende tuttavia solo dal suo contenuto descrittivo ma anche dalla sua validità prescrittiva. Non si tratta solo di allargare i confini di un'efficace metafora ma di sondare la fertilità di un dispositivo analitico con riferimento a flussi di relazioni territoriali che si realizzano ad una scala maggiore, ribaltando la percezione originaria di un territorio che appare in prima istanza solo come un vuoto intercluso tra aggregazioni territoriali più grandi e dense.

Nella parte conclusiva della seconda sezione sono testate le possibilità di sviluppo di sinergie e complementarità tra le cinque province dell'area in alcuni rilevanti ambiti specifici (servizi sanitari qualificati, formazione universitaria, servizi di commercializzazione). I dati statistici esaminati mettono in evidenza come una strategia comune di integrazione e completamento delle dotazioni potrebbe configurare per il quadrante uno spazio autonomo rispetto alle metropoli di riferimento (Napoli e Bari) e comparabile dimensionalmente con altre reti di sistemi urbani (come quella abruzzese).


1.3.4. Le prospettive delle aree intermedie

Nella terza sezione della ricerca sono esaminate le relazioni territoriali che coinvolgono le aree intermedie al quadrante di riferimento ed in particolare i territori posti al confine tra la Capitanata e le altre province interessate. La distanza tra i sistemi urbani maggiori e la localizzazione dei principali poli produttivi emergenti rende particolarmente strategico il ruolo di questa fascia di confine interprovinciale, sia nelle aree dove bisogna gestire processi accelerati di sviluppo, sia in quelle dove sono necessarie politiche comuni per contrastare processi di decadimento e di abbandono.

Le relazioni tra i centri maggiori sono, infatti, solo un aspetto del processo di rafforzamento delle connessioni e di diffusione delle dinamiche di sviluppo. Altrettanto significativo è il ruolo dei poli minori "quasi-urbani" (come si è detto particolarmente significativi in questo contesto perché sede delle più significative dinamiche di crescita) e del territorio appartenente a sistemi locali non urbani. Questi ambiti appaiono cruciali proprio in virtù delle caratteristiche di forma (complementarità) e struttura (scarsa densità) della area di connessione urbana che dovrebbe sorreggere la nuova dimensione territoriale di sviluppo. Le "maglie strette" sono essenziali per tenere insieme un sistema di tal genere, favorirne la coesione ed aiutare sia la diffusione dei processi puntuali di sviluppo che la fruizione delle dotazioni rare.

Come evidenziato nelle figg. S.2 ed S.3 si collocano nella fascia intermedia tra le province sia sistemi locali "critici" (con tendenziale declino demografico e scarsa dotazione di servizi) sia sistemi dinamici (come i poli "quasi urbani" di Melfi Termoli, San Severo e - per alcuni aspetti - Ariano Irpino). Rafforzare i sottosistemi dinamici ed individuare le vocazioni possibili per quelli in declino costituiscono, quindi, importanti direttrici di azione comune per le istituzioni e le forze economiche e sociali dell'intero quadrante

Coerentemente con gli obiettivi della ricerca l'insieme di comuni appartenente alla fascia intermedia è stato suddiviso in quattro aree interprovinciali per le quali si poteva ipotizzare l'esistenza di problematiche comuni. L'esame delle informazioni statistiche disponibili a livello comunale, i risultati delle interviste dirette a testimoni privilegiati e soprattutto l'invio ai sindaci dei comuni interessati di un articolato questionario (che ha avuto peraltro un'elevatissima percentuale di risposta) ha sostanzialmente confermato sia la validità di questa partizione che l'utilità di un approccio che andasse al di là dei tradizionali confini amministrativi.

Le due aree estreme, quella "adriatica" (corrispondente alla direttrice Termoli San Severo) e quella "ofantina" (che comprende i comuni potentini prossimi a Melfi, quelli del sud est avellinese ed alcuni comuni foggiani), si confermano caratterizzate da diffuse aspettative di consolidamento e crescita produttiva e da dotazioni di servizi tali da configurare "sistemi locali dei servizi" autonomi dai rispettivi capoluoghi. Da una parte infatti, come evidenziato dalla tabella S2, è maggiore in queste aree la frequenza delle amministrazioni che manifestano atteggiamenti ottimistici sulle prospettive economiche e demografiche dei rispettivi territori. Dall'altra, come si può ricavare dalle tabb. S3 ed S6, gran parte dei comuni considerati gravita per i servizi "ordinari" (sanità, istruzione superiore, intrattenimento e - in parte - offerta commerciale di grande dimensione) su comuni interni alle singole aree. In particolare l'area adriatica si suddivide tra i poli di Termoli e San Severo e quella ofantina tra sistemi articolati "policentrici".

Le due aree appenniniche (quella del Fortore che include i comuni di tre comunità montane delle province di Benevento, Campobasso e Foggia e quella "appenninica centrale" che comprende i comuni delle comunità montane Ufita e del Sub Appennino Dauno Meridionale) hanno invece caratteri diversi. Sia gli indicatori statistici che le aspettative degli amministratori mostrano un quadro più preoccupante e, con l'eccezione del sistema gravitante intorno ad Ariano Irpino, la scarsa dotazione di servizi fa si che esse siano tributarie (con una serie di "incroci" non trascurabili) ai rispettivi capoluoghi per la fruizione di servizi ordinari (tabb. S4 ed S5).

Seppure in forme diverse emerge, in entrambi i casi, consapevolezza che per affrontare i problemi emergenti è necessario rafforzare e sviluppare la collaborazione interistituzionale tra comuni (anche appartenenti a province diverse) e tra province (anche appartenenti a regioni diverse). Corroborano questa interpretazione non solo le risposte fornite al questionario ma anche la diffusione di esperienze di programmazione concertata (come i patti territoriali) e di iniziative consortili di valorizzazione dei territori e delle produzioni.

Ciò vale in particolare per le aree montane che appaiono alla ricerca delle strategie per uscire dalle tendenze al declino. Intorno al binomio "produzioni tipiche turismo" ruotano una molteplicità di progetti nella convinzione che in entrambi i versanti vi siano una serie di possibilità da perseguire e di opportunità da sfruttare. La rappresentazione della pentapoli interprovinciali proposta in questa sede può fornire un supporto a questi tentativi. Il destino del Sub Appennino Dauno cos" come quello del Fortore beneventano, del Sannio molisano o dell'Irpinia avellinese possono, collocati in questo nuovo quadro di riferimento, recuperare centralità e visibilità ed essere trattati, come oggettivamente richiedono, in modo integrato. Il problema delle aree montane è un problema nazionale che naturalmente si acuisce laddove il tessuto complessivo è meno denso e meno ricco. Ciò significa che per un verso va prestata grande attenzione alle esperienze di valorizzazione sperimentate in altre zone, anch'esse essenzialmente centrate sul binomio produzioni tipiche - turismo, recependo e sperimentando soluzioni innovative (si pensi alla creazione di circuiti di utilizzo turistico delle abitazioni inutilizzate). Per altro verso vanno valutati tutti gli aspetti di integrazione con le dinamiche in atto nelle aree di crescita (sia costiere che interne) e valorizzato il ruolo di nodi di maglie intermedie che alcune realtà possono assumere.

Per quanto concerne l'area adriatica e quella che circonda Melfi il problema si pone in termini diversi. Le dinamiche positive rendono apparentemente meno impellente la necessità di coordinamento delle politiche delle diverse istituzioni interessate. Di fatto però i processi di sviluppo in atto pongono problemi altrettanto rilevanti: i sistemi individuati tenderanno a produrre una domanda crescente di servizi e solo una concezione integrata consentirà di razionalizzare le risposte in termini di offerta permettendo che alla crescita produttiva si affianchi una crescita territoriale complessiva. I rilevanti livelli di mobilità autostradale interna a ciascuna delle due aree sono già oggi segnale di dinamiche di integrazione che forse sono più avanzate di quanto gli stessi amministratori non percepiscano.

Accanto alla reinterpretazione degli equilibri della fascia intermedia emergono dall'indagine alcuni elementi sul ruolo del capoluogo. In poco meno della metà dei comuni "esterni" alla provincia il capoluogo appare punto di riferimento importante per almeno uno dei cinque servizi "ordinari" considerati ed in diversi casi lo è per la maggioranza di essi. Ciò rafforza la possibilità della città di Foggia di porsi come fulcro di una rete di sistemi urbani allargata, ma segnala anche il rischio di una preminenza che potrebbe costituire un fattore di ostacolo allo sviluppo di rapporti che, come si è detto, devono essere basati sulle sinergie e le complementarità più che sugli ordinamenti gerarchici.


1.4. Gli orientamenti dei soggetti

L'osservazione che chiude il paragrafo precedente ripropone in primo piano il valore degli atteggiamenti e degli orientamenti soggettivi nella definizione di una nuova dimensione territoriale di sviluppo. Il rafforzamento delle connessioni tra i maggiori poli urbani cos" come lo sviluppo della cooperazione locale transprovinciale non può essere un gioco a somma zero in cui alcuni guadagnano ciò che altri perdono. Ciascuno deve essere disposto a rinunciare a parte delle sue aspettative di breve termine in cambio della concretizzazione di altre, nella convinzione che questo migliorerà le condizioni di tutti.

Gli elementi raccolti fino a questo momento sembrerebbero indicare la presenza di una "potenzialità latente", presente ma non espressa né del tutto consapevolmente avvertita dall'insieme degli attori locali. L'avvio di processi importanti (Contratti d'Area, Patti territoriali) rappresenta un segnale importante di una ritrovata capacità di concertazione e programmazione che può essere estesa ad altri ambiti e ad altri confini.

Gli sviluppi successivi del confronto tra i diversi soggetti serviranno a verificare l'effettiva consistenza di queste prospettive, dal punto di vista delle condizioni di fatto come da quello delle disponibilità soggettive. Sarebbe pertanto sbagliato concludere questa sintetica esposizione dei risultati di ricerca con un'indicazione della necessità (o anche della semplice opportunità) di una "revisione dei confini amministrativi". Non tanto perché essa può incontrare ostacoli o diffidenze interne ed esterne quanto perché, come si è sottolineato all'inizio, la creazione di una nuova dimensione territoriale dello sviluppo ha un carattere fortemente processuale e dunque deve essere sviluppata attraverso approcci graduali di partnership settoriali articolate nel tempo e nello spazio.

Ciò non significa che si tratti di un tema improponibile, soprattutto nella prospettiva (a dir la verità al momento piuttosto incerta) di una radicale revisione del sistema istituzionale italiano in senso federalista. Sono di conforto, in questo senso, sia le indicazioni derivanti dall'indagine presso gli amministratori della fascia intermedia sia i risultati di un'inchiesta condotta presso i cittadini di cinque comuni campione collocati nelle province di Benevento (San Bartolomeo in Galdo), Campobasso (Riccia e Termoli) e Foggia (Pietramontecorvino e Lucera).

Come indicano le tabelle S7 ed S8 la maggioranza degli amministratori contattati ritiene che i confini regionali siano in linea generale revisionabili a fronte di un consistente trasferimento di poteri e competenze dallo Stato alle Regioni. Per quanto concerne lo specifico circa un quarto degli intervistati vede con favore l'ipotesi di una "macroregione meridionale" dall'ampia estensione ed oltre un terzo quella di una nuova regione intermedia che comprenda parte del territorio delle cinque province; l'opzione del mantenimento delle attuali suddivisioni è decisamente minoritaria nelle aree montane, raggiunge poco meno della metà delle frequenze nei comuni della Capitanata ed è maggioritaria solo tra quelli della provincia di Potenza.

Quanto ai cittadini dei comuni campione l'esito della verifica è differenziato: prevale l'orientamento favorevole alla revisione dei confini nei comuni esterni (in particolare in quelli molisani è forte la spinta alla creazione di regioni più grandi) mentre più prudenti appaiono i residenti di San Severo e Pietramontecorvino. E' opportuno comunque ribadire che si tratta di risultati che hanno solo un carattere indicativo dai quali si può dedurre il valore e la consistenza della questione ma non certo un orientamento fortemente definito sulla sua soluzione.

Più opportuno appare riassumere, in conclusione, l'ipotesi interpretativa illustrata in queste pagine e sottolinearne ancora una volta la duplice valenza. Essa si fonda sulla convinzione che la dimensione nella quale collocare programmi, progetti ed esperienze di sviluppo economico e sociale debba essere per un verso più ampia di quella tradizionalmente tracciata dei confini provinciali per l'altro non necessariamente coincidente con i presenti confini regionali. Nel caso specifico sembrano offrirsi alla Capitanata due prospettive che vanno valutate:

Questa ricerca ha cercato esplicitamente di definire meglio i contorni di questa seconda ipotesi, sforzandosi di offrire un contributo informativo originale, ricorrendo a descrizioni territoriali non tradizionali e contenuti problematici aperti.

Spetta poi ai veri attori dello sviluppo (le istituzioni locali, i soggetti sociali, il mondo della produzione) valutarne i risultati ed animare su di essi un confronto senza pregiudizi.